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Prefazione a
L'alba di un nuovo giorno
di Wilma Minotti Cerini

Mons. Franco Buzzi
XXV prefetto (2007-2017)
della Veneranda Biblioteca Ambrosiana - Collegio dei Dottori
Milano 15 dicembre 2019
Ringrazio
di cuore l’amica Wilma Minotti Cerini per questo libro di poesie, nel quale ha
voluto raccogliere, con semplicità, i suoi momenti di autentica ispirazione, per
rendercene partecipi, svelandoci i segreti del suo mondo interiore. Wilma
generosamente ci immette nella rete delle variegate tonalità affettive che
riguardano non solo i suoi rapporti di famiglia, ma il mondo intero:
l’indicibile bellezza della natura, il mistero insondabile del cosmo, i
personaggi emblematici della storia e della mitologia, i pensatori dell’Asia e
dell’India, alcuni ragguardevoli filosofi occidentali, i santi della carità, gli
amici scrittori e poeti a lei vicini per affinità elettive, gli umili e gli
indifesi della terra, i bimbi che giocano ignari e lieti nelle pozzanghere di
fango ai margini della storia, le mamme che piangono i loro figli assurdamente
uccisi, i migranti in cerca di lavoro e dignità, gli infimi schiacciati
dall’arroganza del potere, gli accattoni ai quali nessuno vorrebbe badare,
talvolta solitari portatori di raffinata saggezza e insondabile umanità,
talaltra vittime di meccanismi alienanti e schiavizzanti. Così, con semplicità,
le poesie di Wilma accarezzano valli e corsi d’acqua, boschi e colline, fiori e
riflessi di luce, asciugano volti in lacrime e raccolgono sorrisi radiosi e
incoraggianti, segno inequivocabile di una volontà di ripresa, in un mondo
devastato da ingiustificabili guerre fratricide e vergognosi egoismi.
Questa
raccolta di poesie è attraversata da una grande attenzione fenomenologica alla
vita, al suo apparire, alle sue trasformazioni e alla sua fine. Alla poetessa
non interessa tanto la trasformazione fisica dell’essere umano, quanto piuttosto
il divenire psicologico di quell’identità che abita in ciascuno di noi e che,
nel tempo, si apre alle attese di un futuro ricco di promesse, si nutre di sogni
e progetti, fantasiosi o realistici che siano, raggiunge una maturità carica di
buoni risultati, insieme a fallimenti e inevitabili delusioni, e si volge verso
un declino progressivo, vissuto in forma vigile e pienamente consapevole di
potenzialità che non vengono meno. È la parabola della vita: è la verità della
nostra identità nello scorrere del tempo interiore. Qualcuno ha detto: «La
verità vi farà liberi» (Gv. 8,32). Liberi anche dall’assolutizzare un momento
particolare di questa parabola, che va compresa e abbracciata nella sua
interezza, secondo verità. Per esprimere questo tragitto Wilma ricorre spesso
alla metafora delle stagioni della vita, da lei dipinte nella policromia della
loro trascolorante bellezza: qui l’universo creato si veste di umani sentimenti
in divenire, mentre gli stati d’animo emotivi assumono di volta in volta i
profili e i tratti dei fenomeni della natura, quando le immagini di questa si
sovrappongono a quelle dei volti e viceversa.
Tuttavia
il discorso poetico non si arresta al piano fenomenologico della natura sorpresa
nel suo perenne divenire. La domanda sul tempo si approfondisce fino a diventare
metafisica: che cos’è il tempo e quali sono i tempi del tempo? Tra gli autori di
rifermento non manca l’uomo di Tagaste, Agostino d’Ippona, che ha indagato sulla
natura del tempo. In realtà, passato e futuro propriamente non esistono, perché
la scena, nella coscienza del tempo, è sempre dominata dal presente. Esiste
infatti l’istante presente del nostro percepire la realtà con i sensi ovvero
l’istante attuale della mente che intellettualmente si esercita, mentre il
passato si raccoglie nel presente della memoria e il futuro si risolve nel
presente dell’aspettativa. Esiste perciò solo il presente del presente, il
presente del passato e il presente del futuro. Nel presente l’identico “io”
prende coscienza di esistere come soggetto retratto verso il passato (nella
memoria) e, al tempo stesso, proteso verso il futuro (nell’attesa): l’io è
dunque un’identità distesa tra passato e futuro che si raccoglie tutta
nell’istante presente. Proprio questa differenza (i momenti del tempo: passato,
presente e futuro) che si compone nell’identità dell’io, rivela la natura
“dialettica” e la “finitezza” dell’io. Insieme, però, nell’io finito, la
consapevolezza della propria finitezza si accompagna, per contrasto, alla
consapevolezza della propria differenza rispetto all’Infinito e all’Eterno,
dunque rispetto a una dimensione sopra-dialettica dell’Essere, quella che
indichiamo con il nome di Dio.
Questo
discorso filosofico, articolato in notitia sui ipsius e notitia Dei,
potrebbe sembrare impegnativo e difficile. Invece esso è presentato sotto
elegante veste poetica: anima il respiro cosmico di tutto il creato e vive nella
semplice domanda che pone la creatura davanti al fondamento misterioso del
proprio essere, quando, alla ricerca della propria origine, la creatura è
costretta a ipotizzare un pensiero o una mente che trascenda il proprio
pensiero, anzi un amore originario, integro e totale, che renda possibile il
nostro amore, sempre ricco e al tempo stesso sempre povero, affetto da cronica
mendicità e in cerca di un appagamento completo e definitivo. All’amore infatti
compete il compito esclusivo, piacevole e difficile, mai risolto e perciò
costantemente riattivato, di appianare e di armonizzare i contrasti.
Resta,
infine, il tormento di una questione ancor più ardua: la presenza del male,
specialmente quello morale che implica la responsabilità umana, il male che
segna di sé, fino allo scempio, corpi e coscienze ferite. Gli orrori della
guerra e gli insulti alla dignità della persona si radicano profondamente nella
memoria del passato. Come si potrà purificare, nel presente, il ricordo che
alimenta l’odio e la volontà di vendetta, per lo più solo sospesa e rinviata al
futuro? Non è facile l’oblio. Come si potrà rigenerare la memoria delle origini
pure, detergendone l’attuale bruttura del male? Qui nasce la contemplazione
amorosa dell’Uomo della Croce e l’anelito a una redenzione dell’umanità che solo
da un Dio adorabile, fatto uomo e crocifisso, può sperare una soluzione.
L’affidamento, senza condizioni, a colui che ha preso su di sé il male del mondo
suona qui come la parola orientativa suggerita dalla poetessa a un’umanità
tribolata e alla ricerca di se stessa.
Invito
perciò cordialmente tutti i lettori a immergersi con grande tranquillità d’animo
in questa consistente raccolta di poesie di Wilma Minotti Cerini. In esse
possiamo incontrare non soltanto gli intimi sentimenti della poetessa, ma anche
molta parte di noi stessi, nel tendere insieme a quelle verità che hanno il
potere di liberarci dai nostri mali.
Con queste
mie parole, onorato di poter accompagnare la pregevole e ricchissima collana
poetica di Wilma, intendo esprimere anche un grazie sentito all’amica che, nel
ricordo indelebile del suo caro marito, il visconte Livio Minotti Cerini, ha
voluto omaggiare la Biblioteca-Pinacoteca Ambrosiana di molti pregevoli doni,
durante gli anni della mia prefettura e oggi ancora. | |
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