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Un libro raffinato, quello di Mirella Genovese. Non solo per
i temi: l'elevazione e la trasmutazione dello spirito; la tensione estrema verso
«la solare divinità concentrica»; la dissoluzione dell'essere in luce (sommersa
luce), la mistica esperienza dell'anima che ascolta "intima" nell'abisso del
silenzio («è quel silenzio | la tua presenza | d'umanità trascesa».
Non solo per i metri: vari nella misura, sapientemente
ordinati in una scansione strofica che, mentre parrebbe voler condurre il lettore
verso la complicata decodificazione del livello iconico (basti pensare alle
concave e convesse vibrazioni di "Velo oleandro cactus", ai versi isolati che
introducono strofe in "Innesti", un canto a due voci) in realtà a pura grafia
del suono, grafemi divenuti fonemi insomma. Poiché la dimensione dell'ascolto si
richiede anche al fruitore del testo poetico, il quale ha l'impressione di
ascoltare nel momento stesso in cui legge. Una pura effusione di musica. Suoni,
colori, profumi...profumi, suoni, colori... colori, profumi, suoni... . Il
"Paradiso" intuito di Mirella, così come Cartografia è stato il suo
purgatorio. Dopo avere percorso tutte le umane strade e avere navigato fino al
limite dell'orizzonte e alla dissoluzione dei continenti la poetessa, varcate le
colonne d'Ercole, è riuscita a cogliere "L'oltre per un attimo".
L'"Inferno" è l'ascolto del tempo, ma e già dolore oltre il
dolore. «Solo l'alluce ancora | aderisce al globo in bilico» e «Il piede stanco
è il segno | ancora del servizio» . "L'angoscia, il grido, il sacrificio, la morte,
hanno più volte richiamato la poetessa al di là della siepe". Leopardiana siepe
dove il vento tuttavia non stormisce dolcemente riportando alla memoria le morte
stagioni ma è vento "Siberiano, sidereo, divino, e "Il Divino nel Dolore. E' il
mistero svelato dal ***: il costato toccato. L'orto di Getsemani, la
shoah personale e quella ebraica, l'ordine cosmico svelato dal Cristo
Pantocratore, la sua morte celebrata dalle croci celtiche . La poetessa ha
trovato il suo filo, nel percorso che dal giardino segreto, l'ha condotta
all'orto di Getsemani, passando per il fuoco di una natura arsa e spezzata,
poiché la volontà di Dio spezza la natura, verso la luce dello Spirito che a
«gioia che tace a richiami di perenni nascite».
Ha titubato talora, ricercando ancora indietro nel tempo "la primavera è il
disgelo", e "il fiore azzurro", per preservarlo dal "flagrare della
Natura".
Ma solo il "dono del tempo varcato", oltre la memoria, ha
potuto sottrarla al vortice della storia, elevandola verso un "cielo radicato"
che è «celava trasalimenti | attesa di smemoranti acque».
E dopo aver "traghettato ad altra sponda" e aver raggiunto
"Il castello interiore" finalmente
il
silenzio, finalmente l'Ascolto, della "Parola in
pienezza", della "Parola che vibra in noi". Finalmente l'eterno mattino che
«dischiude promesse | di redenzione | ed alita | la presenza del Consolatore | nella
storia» e lo schiarirsi di ogni tenebra e il suo "incondizionato" Amore, «perché
l'Amore | è ascolto». Perciò la poetessa esorta:
Dischiudi le ciglia
Enfatizza l'udito
Non cogli
la Parola
nell'intensa concentrazione
dello Spirito?
Poesia religiosa, dunque, quella di Mirella Genovese in Ascolto? La
definizione è troppo lata e dunque, a mio avviso, riduttiva, come sarebbe
riduttivo parlare solo di allegorismo religioso in Dante, di religione della
natura in Lucio Piccolo, di percezione dell'assoluto e dell' infinito in
Leopardi, di concezione provvidenzialistica della storia in Manzoni, di amore
mistico in Francesco d'Assisi. "Poesia dell'umano che accoglie in sé il Divino",
così, semplicemente. Non semplice però da esprimere e dunque poesia rarefatta,
elevata, elaborata nell'uso del lessico, della metrica, del ritmo, dello
strumento iconico, come d'altra parte richiedeva la tematica trattata, com'è nel
consueto, personalissimo stile, di Mirella Genovese.
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Recensione |
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