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Bambina con draghi
Notevole per potenza visionaria e spessore esistenziale quest'ultima raccolta
di Renzia D'Inca, arricchita dalla bella prefazione di Paolo Ruffilli e scandita
in cinque sezioni che segnano un crescendo di sbalzi onirici, di interrogazioni,
di lacerti memoriali. Il crescendo è in realtà lo sviluppo e lo spiegamento di
un unico discorso, di un monologo doloroso e graffiante, impietoso e ribelle,
che dallo stillare frammenti della sezione d'apertura Affioramenti si dilata e
dilaga in una cascata di immagini, di assonanze, di umori contrastanti che
nell'ultimo capitolo Dell'incurabile curagione proiettano infine i versi in un
ritmo incalzante e continuo. Dall'iniziale punteggiatura dei sintagmi dunque il
discorso interiore dell'autrice, notturno e labirintico, si espande in un gioco
di contrasti, di allusioni, di caustiche sferzate. Gioco che intinge il suo
affilato pennino nella materia oscura di un'infanzia che è scenario di desiderio
e di disincanto. Il teatro simbolico di questa corposa scaturigine domestica è
abitato da un fitto e a volte inquietante bestiario (il pavone, il gatto
mammone, il gatto vampiro, il ragno madre, lo stregatto...) il cui apice
allegorico e però rappresentato proprio dai "draghi" del titolo, emblema di un
rovente e profondo stigma esistenziale che l'autrice vuole liberare in questo
suo flusso di versi, come uccelli migratori verso un orizzonte catartico.
Ciò che però risalta in queste poesie è la sincerità del dettato
autobiografico, che si fa confessione spiazzante e indocile, cura di sé nel
convogliare un immaginario che è dolce e feroce insieme, ribelle nel suo darsi e
affidarsi a una parola acuta e tagliente. I versi appaiono spesso stilettate,
affilate dal ricordo e piantate nella carne viva del lascito di antichi
dissapori. In questo coraggio della poesia, come nuda rappresentazione
dell'abisso e dell'intimo cozzare di passioni, sta la bellezza della
restituzione che la scrittura riesce a generare. Renzia D'Inca ha appreso
efficacemente l'epimeleia donata dalla parola, la metamorfosi che dall'oscuro
catino dei fantasmi tira fuori, alla luce della coscienza, figure di lotta e di
speranza.
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Recensione |
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