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Nome emergente nel
panorama attuale della poesia italiana è quello di Venero Scarselli, vincitore e segnalato in premi letterari nazionali in questi
ultimi anni. Si tratta di un uomo che a una cultura umanistica ha abbinato per un certo
periodo della vita la ricerca scientifica e gli esiti si sentono nel suo fare
poesia che è sempre spietata analisi dell'uomo e dei suoi sentimenti, nonché
ricreazione (spesso nel verso della deviazione finanche verbalmente violenta)
con un dettato che seziona, scarnifica e distrugge la parola per poi rigenerarla
imperiosamente.
Dal primo testo del 1988 (Isole e vele), Scarselli è passato
a una produzione battente e pressoché annuale con libri che hanno lasciato
stordito il lettore (Pavana per una madre defunta, 1990; Torbidi amorosi
labirinti, 1991; Priaposodomomachia, 1992) e fatto di lui l'alfiere di un mondo
sotterraneo di sentimenti e risentimenti gridati in un' ansia quasi distruttiva,
salvata però dalla volontà di riscatto. In lui (nel suo poetare) sono presenti
le dimensioni oniriche e demoniache ed è come se volesse arrivare a comprendere
le radici del male dell'umanità senza dimenticare l'opzione del peccato.
Poesia, quindi, con un sottofondo religioso, anche se spesso la violenza delle parole pare volerlo distruggere.
Poesia, in questo senso, quasi cannibalesca e non priva di una mistica
epifanica.
C'è un inseguire l'amore che prende, che si scorge anche nei
versi più enigmatici e conturbanti. Scarselli, infine, nel suo libro Eretiche
grida (NCE, Forlì, 1993) pare aver trovato una dimensione più composta,
equilibrata, e significativamente scrive nel sottotitolo: "Da un manoscritto
rinvenuto in una grotta del Monte Athos". Proponiamo, dal succitato più recente
lavoro del poeta, la composizione LXI...
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Recensione |
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