| |
La sfera di Calliope
Rossano Onano, nativo
di Cavriago di Reggio Emilia nel 1994, si è laureato in Medicina all'Università
di Milano e lavora come medico specialista psichiatra presso il Simap di
Correggio. Questo dato è importante, perché la sua poesia risente di una
formazione scientifica così particolare e probabilmente qui sta parte della
originalità del suo dettato poetico. Ha iniziato abbastanza tardi a pubblicare
(il suo primo libro è dell'85), ma poi è stato un crescendo costante di
apparizioni con testi che hanno incontrato il favore della critica.
Ha pubblicato in poesia
Gli umani accampamenti (Lacaita, 1985), L'incombenza individuale (Forum/QG,
1987), Dolci velenosissime spezie (Forum/QG, 1989), Inventario del motociclista
in partenza per la Parigi-Dakar (Tracce, 1990), Rosmunda, Elmichi, altri
personaggi di Evo Medio (Laboratorio delle Arti, 1991) e, nel 1992, un testo
di cui diremo.
Le caratteristiche della poesia di Onano sono uno stile
volutamente prosastico che si aggrappa all'attualità con sortite nel passato
(pesa una cultura, oltreché scientifica come si accennava, pure di marca
classicheggiante), ma con connotazioni post-moderne nel senso che lo
smarrimento, quasi un sommesso balbettio, sono una costante della cultura onaniana e ciò perché il poeta sente la fragilità odierna, la sofferenza del
mondo per così dire sano e dell'altro, quello di chi ha problemi di identità e
di rapporto con gli altri.
L'assurdo si fa pagina
scritta, l'interrogazione è costante, l'esito oscilla fra una controllata ironia
nel verso e una pietà che è ancora pietas cristiana, almeno quella, come
suol dirsi, del cristiano anonimo. Rossano Onano si avventura nei campi
orfici, sostiene un'impari lotta tra modernità e passato e nel suo ultimo testo
pubblicato (Viaggi a terranova con neri cani d'acqua, Bastogi, Foggia,
1992, pp. 144, L. 15.000) proprio nel titolo dichiara apertamente di essere
nella linea maestra dell'avventura scritta sia della prosa che della poesia:
quella che affronta il tema del viaggio. Onano, come un novello Ulisse,
scandaglia e cerca tenace l'approdo a Itaca. Che verrà. Dal suo recente testo
sopraindicato riportiamo la poesia n. 7.
A Terranova ci assaltarono
alcuni neri cani d'acqua
magri sotto la pelliccia
arricciata: non sparate, suggerì
l'Irochese (noi ponevamo le
slitte a cerchio attorno al fuoco
acceso) il sangue è caldo,
richiama altri simili animali
golosi: così per tutta
la notte guardammo i grandi occhi
rossi, fermi, attenti gli uni
e gli altri a poco rumorosi
respiri: quindi prendemmo
all'alba il cammino in una silenziosa
fila indiana, quasi una
disperata fuga tranquilla, lungo
tutto il percorso
abbandonammo alcune indispensabili derrate
alimentari, le donne, i
bambini. La città ci accolse senza
mercanzia, spogli, non fu
possibile concludere buoni affari.
| |
 |
Materiale |
|