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Fare
(poeticamente) i conti con il proprio io interiore
La poesia aiuta a fare
i conti con il nostro io interiore e, sul tema delle solitudini umane, è utile e
affascinante un percorso di ricerca nei testi di grandi autori e in quelli della
canzone contemporanea.
Ed è subito
sera
Ognuno sta solo sul cuor della
terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
Salvatore Quasimodo
Il motivo della solitudine anima questi
famosi versi di Salvatore Quasimodo, al quale nel 1959 fu conferito il premio
Nobel per la letteratura. Nell’ultima parte della motivazione ufficiale per il
premio, troviamo un diretto riferimento a questo motivo: “Quasimodo osa
esprimere l’audace convinzione che la poesia non è valida per sé stessa, ma che
possiede la segreta missione di rinnovare l'uomo attraverso la sua forza
creativa. Il cammino verso la libertà significa per Quasimodo vincere la
solitudine e in questa direzione il poeta indica la propria strada.”.
Molti sono i tipi di solitudine,
ciascuno porta con sé problemi, difficoltà, ma anche opportunità di cambiamento
poiché rappresenta una spinta per la realizzazione di sé.
La solitudine dell’uomo moderno si
contrappone allo sviluppo del villaggio globale: le relazioni fra le persone
sono spesso superficiali e confuse e i bisogni relazionali si sfogano in riti di
massa guidati dalla industria dello svago. La soluzione per alcuni – Z. Bauman,
La solitudine del cittadino globale, Feltrinelli, Milano 2000 – è nel
recupero dello spazio in cui pubblico e privato si uniscono: l’antica piazza
cittadina, agorà, in cui la libertà individuale diventa impegno
collettivo.
Ognuno ha vissuto l’esperienza della
solitudine, quel senso di abbandono o di vuoto che ci pervade anche quando siamo
in compagnia, un’emozione spesso accompagnata dall’angoscia, contro cui mettiamo
in atto vari antidoti: lavoro, hobby, luoghi affollati, internet, televisione e,
infine, alcol e droghe. Rimedi peggiori del male, che ci allontanano da noi
stessi e dagli altri.
Ma che cos’è davvero la solitudine?
Occorre innanzitutto liberarsi dall’illusione di cercare all’esterno un
completamento di noi stessi. Per stare bene con noi stessi e per realizzare
rapporti autentici con gli altri bisogna acquisire il coraggio dell’ascolto del
nostro mondo emotivo e del rapporto con la nostra interiorità.
La poesia può avere il merito di
facilitare questo rapporto con il nostro io interiore. Crediamo che valga la
pena indugiare nella ricerca fra le fonti della poesia.
Questi due testi dedicati appunto alla
solitudine, di Emily Dickinson e John Keats, ci portano al centro di questa
riflessone.
Solitudine
Ha una sua solitudine lo spazio,
solitudine il mare
e solitudine la morte – eppure
tutte queste son folla
in confronto a quel punto più profondo,
segretezza polare,
che è un’anima al cospetto di se stessa:
infinità finita.
Emily Dickinson
Solitudine
Solitudine, se vivere devo con te,
Sia almeno lontano dal mucchio confuso
Delle case buie; con me vieni in alto,
Dove la natura si svela, e la valle,
Il fiorito pendio, la piena cristallina
Del fiume appaiono in miniatura;
Veglia con me, dove i rami fanno dimore,
E il cervo veloce, balzando, fuga
Dal calice del fiore l'ape selvaggia.
Qui sarei felice anche con te. Ma la dolce
Conversazione d'una mente innocente, quando le parole
Sono immagini di pensieri squisiti, è il piacere
Dell'animo mio. E' quasi come un dio l'uomo
Quando con uno spirito affine abita in te.
John Keats
Ci interessa, d’altra parte, richiamare
queste due poesie di Eugenio Montale e di Giovanni Pascoli, dedicate alla
solitudine, come momento personale che facilita la scoperta della natura e del
mondo degli animali.
La solitudine
Se mi allontano due giorni
i piccioni che beccano
sul davanzale
entrano in agitazione
secondo i loro obblighi corporativi.
Al mio ritorno l'ordine si rifà
con supplemento di briciole
e disappunto del merlo che fa la spola
tra il venerato dirimpettaio e me.
A cosi' poco e' ridotta la mia famiglia.
E c'è chi ne ha una o due, che spreco, ahimè!
Eugenio Montale
Solitudine
Da questo greppo solitario io miro
passare un nero stormo, un aureo sciame;
mentre sul capo al soffio di un sospiro
ronzano i fili tremuli di rame.
È sul mio capo un'eco di pensiero
lunga, né so se gioia o se martoro;
e passa l'ombra dello stormo nero,
e passa l'ombra dello sciame d'oro. /… /
Giovanni
Pascoli
Il sentimento della solitudine che
vivono i giovani, ha il tono della malinconia e della nostalgia. Il magistrale
interprete di questo sentimento è, come è noto, Giacomo Leopardi nella poesia
“Il passero solitario”.
Il passero solitario
D'in su la vetta della torre antica,
Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finché non more il giorno;
Ed erra l'armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell'aria, e per li campi esulta,
Sì ch'a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri,
Pur festeggiando il lor tempo migliore:
Tu pensoso in disparte il tutto miri;
Non compagni, non voli,
Non ti cal d'allegria, schivi gli spassi;
Canti, e così trapassi
Dell'anno e di tua vita il più bel fiore./ …./
Giacomo Leopardi
Ci piace avvicinare la stagione della
giovinezza a quella dell’adolescenza. La canzone “La solitudine”, oggi di
successo, interpretata da Laura Pausini, ci porta con immediatezza nel mondo di
un’adolescente, disperata, oppressa dalla solitudine per la partenza
dell’amato.
La solitudine
A scuola il
banco è vuoto Marco è dentro me
È dolce il suo respiro fra i pensieri miei
Distanze enormi sembrano dividerci
Ma il cuore batte forte dentro me./…./
Chissà se tu mi penserai,
Se con i tuoi non parli mai
Se ti nascondi come me,
Sfuggi gli sguardi te ne stai
Rinchiuso in camera non vuoi
Mangiare, stringi forte a te
Il cuscino e piangi non lo sai
Quant'altro male ti farà
La solitudine. /…./
Tuo padre e i suoi consigli, che monotonia
Lui con il suo lavoro ti ha portato via.
Di certo il tuo parere non l'ha chiesto mai,
Ha detto: "un giorno tu mi capirai". /…/
La solitudine fra noi,
Questo silenzio dentro me
E l'inquietudine di vivere
La vita senza te. /…/
Se pensiamo alla solitudine di una
persona anziana, ad un personaggio immerso nella solitudine vissuta nella
quotidianità, in età avanzata, vengono subito in mente i suggestivi versi della
canzone/poesia di Francesco Guccini “Il pensionato” del 1975 (Album “Via Paolo
Fabbri 43”). “E’ uno dei miei soliti ritratti di diversi e di emarginati
– ha
dichiarato Francesco Guccini – Parlo di questi personaggi perché fanno parte di
me e della mia cultura, e mi viene spontaneo, alla fine della canzone,
paragonarli a me, a quello che ero e che sono, e penso a Pavana e alla
montagna.”.
Il
pensionato
Lo
sento da oltre il muro che ogni suono fa passare,
l' odore quasi povero di roba da mangiare,
lo vedo nella luce che anch' io mi ricordo bene
di lampadina fioca, quella da trenta candele,
fra mobili che non hanno mai visto altri splendori,
giornali vecchi ed angoli di polvere e di odori,
fra i suoni usati e strani dei suoi riti quotidiani:
mangiare, sgomberare, poi lavare piatti e mani. /…./
Ma poi mi accorgo che probabilmente è solo un tarlo
di uno che ha tanto tempo ed anche il lusso di sprecarlo:
non posso o non so dir per niente se peggiore sia,
a conti fatti, la sua solitudine o la mia... /…./
Gli anziani sono i soggetti più esposti
al rischio della solitudine, sia perché con la cessazione dell’età lavorativa
essi subiscono una perdita di ruolo sociale che genera un senso di inutilità e
di frustrazione, sia perché la perdita del coniuge e l’allontanamento dei figli
ormai adulti fa sì che gli anziani perdano dei punti di riferimento fondamentali
all’interno del nucleo familiare. Si sentono spaesati in una società estranea e
diversa da quella in cui un tempo sono cresciuti ed in cui hanno trascorso gran
parte della loro esistenza.
Quando ci si appresta a fare i conti
con la solitudine degli anziani è bene tener presente che oltre alla solitudine
subita e soggetta a una svariata tipologia di cause (pensionamento vedovanza,
povertà, malattia, ecc.), esiste anche una solitudine cercata e voluta che è più
positiva e vantaggiosa del vivere in mezzo alla gente.
La positività o la negatività del
concetto di solitudine deriva in prima istanza da come gli anziani la
interpretano e la vivono giorno dopo giorno; ci sono, infatti, dei momenti in
cui essi prediligono la solitudine come momento di riflessione di introspezione
e di meditazione personale su di sé e sul senso della propria esistenza, ed
altri momenti in cui la solitudine è fuggita e bandita per immergersi
profondamente nella socialità e nel contatto diretto con il mondo esterno.
La vita di ciascun individuo giovane o
anziano che sia si trova in bilico tra due tipi di atteggiamento: la voglia di
solitudine e l’ansia di socialità.
Entrambi questi momenti sono importanti
ed essenziali per l’individuo, a nessuno di questi due momenti in realtà l’uomo
come individuo sociale potrebbe mai rinunciare.
La solitudine quindi è un concetto
dagli svariati volti e dai molteplici significati, può assumere la forma della
nostalgia o della malinconia, ma può assumere anche l’aspetto della compagna di
vita, può essere anche riconosciuta in tutta la sua positività ed essenzialità.
Partendo da queste premesse, alcuni
autori – fra i quali R. Scortegagna, Invecchiare, Il Mulino, Bologna 2005
– affermano che è possibile prospettare ai vecchi e agli anziani “la riscoperta
del fascino della solitudine, del silenzio, della meditazione.”. Non quindi la
solitudine del single, che non si pone limiti alla frenesia della
società, ma “la solitudine del saggio, del vecchio appunto, che non teme né il
silenzio, né la morte.”.
Ma quanto vale questo, che l'animo stia
con se stesso, (...), compiuto il suo servizio sotto le insegne della libidine,
dell'ambizione, delle lotte, delle inimicizie, di tutte le passioni! Se poi ha
un qualche, per così dire, pascolo di studio e di scienza, nulla è più lieto di
una vecchiezza libera da occupazioni (...) Quanto godeva della sua "Guerra
Punica" Nevio, e del suo "Truculento" Plauto(...). Quali piaceri, dunque, o di
banchetti o di giochi o di cortigiane, sono paragonabili con questi piaceri?
Cicerone,
La vecchiezza, traduzione di Carlo Saggio (Rizzoli)
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