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E' nel ricordo che questo autore più riesce ad evocare il sentimento
intimo delle cose senza piagnistei né inutili rimpianti. Pone sotto la luce
fredda dell'osservazione il pane caldo della memoria e l'odierno prodotto
confezionato. Non esprime pentimenti, così è andata, lui sa quello che ha perso
ma anche quello che ha guadagnato. Fosse dipeso da lui, da lui soltanto, forse
sarebbe stato comunque ... ma non è compito del poeta. Suo compito è invece dare
del tempo che lo ha visto vivere una testimonianza del sentimento quasi visiva,
documentaria. E allora il ritorno della fiera delle vanità (p. 79) diventa il
ritorno nostro verso tutti i vuoti che ci ha fatto dentro il tempo, verso tutti
quelli che ci hanno lasciato; e "Giulia e Anna" (p. 16) nel compiere
i loro riti misteriosi ci riportano qualcosa che abbiamo intravisto nella
curiosità dell'infanzia, che non abbiamo ben capito ma di cui il senso non ci ha
mai lasciato. Per questo non poteva essere che nell'osservazione che Rosario
Castronuovo sapesse mettere quella sensazione di perdita irreparabile che spesso
ci coglie davanti a qualcosa che pure abbiamo ancora (crediamo di possedere; p.
25): "TRAMONTO | | Spaventosamente dolce | l'incendio sul colle, | ... | un
raggio di sole | ... | stanco di aspettare | dietro la persiana, | ... | le
pagine gialle | del nostro diario | | impercettibilmente lento | avanza
silenzioso | ... | prima della notte.". Quella descrizione dimessa, quasi da
cartolina illustrata (p. 51), col grande albero sullo sfondo del cielo
minacciosamente nuvoloso al tramonto (potrebbe essere kitsch) di fronte a quella
valigia di sogni ancora piena che ci è rimasta in soffitta. Sapesse mettere quel
desiderio di fermezza, di maestosità, quel "io volevo diventare" di noi bambini
di fronte allo specchio del nostro bigodino o della nostra barba quotidiana.
Infine, vivendo oggi in città, non sembra quasi di aver sognato, ripensando al
nostro pettirosso (p. 66), che forse era un merlo o una gazza, la rondine che
aveva fatto il nido sotto il balcone della casa in campagna, non sembra di aver
sognato, non ci viene paura di aver solo sognato?
Non manca l'ironia, molto controllata, se immaginate le pagine ingiallite
di un vecchio diario e poi pensate all'inversione di rapporto suggerita dalle
pagine gialle telefoniche dei nostri quotidiani bisogni, ma che esplode in "Il
poeta" (p. 75).
Particolarmente accorto appare l'autore nei profili sociali; mi piace
molto come sbriga l'aspetto delle reazioni umane, come licenzia gli uomini in
"Arrivò" (p. 12), ancor più di come ne svolge il tema in "Uomini" (p. 45). Forse
quel popolo che non sappiamo essere negli accenti linguistici sapremmo esserlo
se riconoscessimo ed accettassimo l'uniformità di un percorso compiuto nella
seconda metà del secolo passato, più che quella delle reazioni che ne abbiamo
avuto.
ogni tre passi
mi guarderò alle spalle
e mi sorprenderò pensando
al tempo che ho percorso
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Recensione |
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