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Performas en el Centro
IV Encuentro Internacional de Performances
Centro de Arte Moderno

Conferenza di Francesco Mandrino:
Differenze ed affinità tra poesia e performance.

In occasione dell'inaugurazione dell'Istituto Italiano di Cultura, Madrid, 8 aprile 2008

Non dovete stupirvi se inizierò il mio discorso parlando di pubblicità. Alle sue origini questa forma di comunicazione era chiamata "comunicato commerciale" o "reclame", e serviva proprio a richiamare l'attenzione del pubblico sull'esistenza di un prodotto ed informarlo sulle sue caratteristiche, sul prezzo e sui luoghi dove avrebbe potuto essere acquistato; forniva quindi alcune informazioni precise ad uso dell'utente. Oggi non è più così, oggi si parla di "spot", piccolo spazio pubblicitario, che nella lingua onomatopeica quale l'inglese rende bene l'idea di un lampo di luce, di un'apparizione istantanea che unisce un colore una forma un suono ad un marchio, un prodotto spesso senza dare alcuna informazione. Così noi vediamo donne bellissime ed ammiccanti, con vesti sgargianti ed attillate, che avanzano sicure fissando negli occhi lo spettatore seduto davanti al teleschermo nel suo salotto e soltanto alla fine vanno a sedersi su di un'autovettura sapientemente illuminata aprendo uno spacco abissale su di una coscia marmorea. Tutti sanno che non si mira a vendere il vestito né la donna, tutti sanno che comprando l'autovettura non verranno dati in omaggio né l'uno né l'altra, eppure uomini che non avrebbero alcuna fortuna con donne del genere compreranno quell'automobile come se si trattasse del biglietto di una lotteria, come sperando che una donna di quel tipo venga a sedersi proprio sulla loro autovettura. Allo stesso modo vediamo altre donne, volitive decise che avanzano mentre nugoli di uomini palestrati cadono ai loro piedi per giungere infine a cogliere la boccettina magica dalla quale spruzzare il profumo che confermerà la loro superiorità, al quale tante donne senza speranza si affideranno l'indomani sognando muscolature loro inaccessibili. Non vi è in questo alcun comunicato, alcun informazione che si rivolga all'intelligenza dello spettatore, che pure si deve supporre esista in molti casi, sussiste però un messaggio che si rivolge non già all'intelligenza bensì alla parte irrazionale del pubblico, in modo indistinto, un messaggio che aggira la griglia, il filtro della razionalità e dell'intelligenza per andare a colpire nell'inconscio i desideri più reconditi, le paure a volte, le speranze sopratutto, i sentimenti più nascosti. Questo genera reazioni difficilmente controllabili, emozionali.

C'è un altro lato sul quale vorrei attrarre la vostra attenzione: chi sovvenziona la proposta pubblicitaria non si cura del livello culturale della comunicazione che questa adotterà, non si preoccupa di quanto e come essa verrà compresa dal pubblico; i committenti hanno un solo metro di valutazione: se l'operazione è efficace verrà ripetuta, se no verrà cambiata. E nella maggior parte dei casi l'efficacia è assicurata dalla vendita del prodotto. Questo significa che il messaggio giunge, non il comunicato, che si è detto che non esiste più, ed è efficace in quanto va a colpire la parte con minori difese razionali. Questo codice di comunicazione è pressappoco lo stesso che viene usato tanto dalla poesia che dalla performance.

Quando il grande poeta dice che alle cinque della sera c'è il toro nell'arena non fa un comunicato, tutti lo sanno per questo è inutile ripeterlo, tuttavia il grande poeta usa questa immagine come un mezzo per carpire la parte più irrazionale dello spettatore e portarlo via dalla sua poltrona, per far leva sui suoi sentimenti più nascosti e metterli là davanti all'evento che sta verificandosi, là dove la tragedia sta consumandosi, davanti alla tragedia irripetibile ma continua della morte. Il grande poeta prende questo ascoltatore che se ne stava tranquillamente in poltrona e attraverso le sue parole lo pone nella posizione che egli aveva precostituito nella componimento e da quella posizione gli impone di guardare il mondo nella direzione da lui scelta, non gli dice cosa dovrà pensare ma così facendo lo trasforma da spettatore passivo in fruitore partecipe. Quando il grande poeta dice che la notte è tutta stellata e brillano di freddo gli astri azzurri lontano, non vuole parlarci della volta celeste, vuole portare quel fruitore partecipe davanti all'angoscia di un uomo abbandonato, nella freddezza della sua solitudine, nella disperazione della lontananza; chi nella propria memoria non nasconde la stessa angoscia, la stessa disperazione per un abbandono, ed ecco che si scatena la reazione incontrollabile, ecco che la poesia non è già più solo del poeta la è diventata anche dell'altro, in un tempo diverso, un luogo diverso ma riconducibile dall'unitarietà del sentimento a quanto evocato dal poeta. La storia pregressa che ha determinato i versi del poeta non interessa più, è la storia del lettore a evocare il sentimento.

La stessa cosa avviene nella performance, anche il performer parte da un'esperienza personale ma non la racconta, attraverso la concezione dell'opera egli la trasforma in qualcosa che successivamente potrà essere esposta proprio come un'opera, che può essere esibita come un'installazione non permanente, che si trasforma in evento effimero, in pura azione, azione spesso forte, a volte violenta o provocatoria ma sempre fortemente evocativa. Il fruitore non si trova davanti una storia ma solamente le emozioni da essa generate quindi viene a trovarsi nella stessa posizione emozionale dell'artista e da quella posizione valuta ciò che l'artista propone, insinua. La fatica e la difficoltà maggiore dell'opera non sta nella sua concezione bensì nel percorso che deve essere compiuto per tradurla in un codice che ne renda possibile la fruizione da parte dell'altro, è qui che l'artista rischia maggiormente di non cogliere nel fruitore quella parte irrazionale che dovrà generare l'emozione, il sentimento.

Per cercare di raggiungere l'obiettivo di provocare la reazione emotiva del fruitore, di sollecitarne il sentimento nella voluta direzione, il performer ha a disposizione una serie di mezzi, di strumenti: innanzitutto il gesto, il quale diventa azione, raffigurazione, provocazione; poi il segno, che può essere suono, colore, matericità; infine lo spazio, che è situazione, ambientazione, coinvolgimento, in quanto concorre a posizionare l'artista propositore nei confronti del pubblico fruitore, ne determina l'eventuale intersezione, interazione, compartecipazione. Della performance cui abbiamo assistito poco fa possiamo ricordare il modo come lo spazio è stato segnato con il nastro adesivo, come è stato utilizzato per coinvolgere il pubblico nonostante la sistemazione fosse di tipo teatrale, come sono stati utilizzati gli elementi che facevano parte dell'ambiente già prima dell'azione: la scala che sale al palco giù dalla quale è stata fatta rotolare la striscia di carta che è scesa nel corridoio fra il pubblico costituendo un tratto d'unione, anche le bandiere presenti sul palco, fra le quali quella comunitaria, sono state decontestualizzate ed usate come elemento significante all'interno della performance, nell'evocare il futuro l'artista ha usato il proprio corpo voltando le spalle al pubblico e procedendo verso quelle bandiere, suscitando così l'impressione di un comune futuro nella direzione della comunità d'intenti. Ogni fruitore ha avuto così la possibilità di avere una reazione sentimentale giocata fra i sentimenti evocati dall'artista e le proprie esperienze personali.

Oltre ad una serie di materiali, che spesso vengono abbandonati sul posto a performance avvenuta, quasi a costituire la prova documentaria di un'opera che non si offre ad alcuna forma di feticismo, l'artista spesso usa il proprio corpo; lo veste lo spoglia lo lega lo imbavaglia lo dipinge lo sporca lo lava, lo ferisce a volte, ed allora anche il sangue, la carne diventano strumento dell'espressione artistica spinta all'estremo nel provocare la reazione sentimentale. Naturalmente tutto questo non costituisce indicazione di comportamento e neppure richiesta di consenso o condivisione, la proposizione ha valore esclusivamente nell'ambito della testualità, non come atto personale di libero arbitrio, così come una poesia è diversa da una dichiarazione di intenti o da una qualsiasi indicazione diretta di comportamento, nell'ambito della testualità non può sussistere alcuna intenzione apologetica nei confronti di alcunché di materialmente riscontrabile. in effetti tanto la performance quanto la poesia non sono una verità riscontrabile anzi, sono praticamente una menzogna, si utilizzano certi gesti o certe parole per evocare qualcosa di sostanzialmente diverso da loro.

La poesia, muovendosi in un ambito diverso dalla performance, ha mezzi e strumenti diversi per giungere allo stesso obiettivo. Essa, usando essenzialmente la parola come veicolo della comunicazione, non può che avere il vocabolo quale strumento principale, la scelta del quale può condizionare moltissimo la composizione e quindi l'effetto che essa susciterà nel fruitore, ogni lingua ha spesso più di un vocabolo per esprimere lo stesso significato ma ognuno di questi vocaboli è giunto fino al presente per una propria strada, un percorso fatto di significati progressivi che non riusciamo più a ricostruire nella nostra memoria ma che, questo è convinzione ormai di molti studiosi, ha lasciato una traccia di tipo quasi biologico in una parte della nostra mente la quale, a quel vocabolo reagisce in modo impercettibilmente diverso che ad un suo sinonimo; c'è poi il ritmo, una successione regolata di tempi e di intervalli che possono dare alla composizione la capacità di evocare varie atmosfere sentimentali dalla tragedia della morte alla gioia della vita; infine il metro, che nell'ambito del verso pone accenti e pause che sottolineano o mettono in relazione i vari vocaboli dando alla lettura una scorrevolezza ed una musicalità che, insieme alla complessità del ritmo, generano nel lettore le sensazioni che il poeta, il grande poeta, ha voluto insinuare in lui. Ecco che in questo caso come nella performance non si tratta di definire un livello culturale del fruitore, dando per scontata una base di sensibilità dell'individuo non è necessario un interesse particolare ma è sufficiente un grado di curiosità perché il meccanismo entri in azione su quella parte irrazionale di cui si è detto.

A questo punto siamo ritornati al tema della conferenza ed all'esempio iniziale che ho fatto: le affinità tra performance poesia e pubblicità appaiono sicuramente molto superiori che le differenze. Ciò che va a costituire la maggior differenza è il tipo di pubblico, nella poesia come nella performance si tratta di uno spettatore attivo che fruisce di quanto l'opera gli offre interagendovi intellettualmente, nella pubblicità si tratta invece di uno spettatore passivo e per un certo aspetto succube, deve esserlo per bersi tutto quanto gli viene sottoposto e giungere infine al comportamento voluto, cioè l'acquisto del prodotto. Nell'altro caso non esiste passività, il fruitore percepisce il senso di ciò che gli arriva, sente cosa evoca nei suoi sentimenti ed attraverso il sedimento delle proprie esperienze personali contribuisce a formare un quadro d'insieme autonomo, che diventa il risultato dell'azione, sia essa performativa o poetica. Ma se le finalità di chi propone la pubblicità sono chiare a tutti così non è per l'artista, esse sfuggono e generano il sospetto verso di lui, che va a scavare negli anfratti più reconditi dell'animo umano per chissà quali ragioni. Ecco quindi che l'artista viene visto come un pirata che potrebbe assalire il panfilo carico delle ricchezze accumulate dall'uomo, delle certezze che egli si è costruito, e quando l'artista inalbera la sua bandiera nell'uomo sorge la preoccupazione che la sua imbarcazione possa non reggere, il dubbio che in realtà si tratti di un battello in preda alle onde, poi quando gli arpioni sono stati lanciati e l'arrembaggio sta per avvenire l'uomo cade in preda al panico, vede la fragilità della sua barchetta scopre l'esiguità di quanto si è portato con sé, le poche cose che si trovano in fondo alla sua anima, le gioie le paure le soddisfazioni i rimorsi i dubbi; a quel punto l'artista scompare, il suo compito è finito perché egli non ha finalità se non sollevare il problema, porre il dubbio sulle azioni, non ha verità da rivelare né consigli da dare; l'artista scompare e resta l'uomo, e se il poeta, il performer sarà stato bravo nell'uomo qualcosa potrebbe essere cambiato.

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