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Mi sono sempre chiesto come possa un
poeta ancorarsi ad un modulo di scrittura e rimanervi per anni, per sempre, a
dispetto della vita che, per fortuna, è fatta di momenti diversi fra loro al
punto di essere contraddittori, eppure. Conobbi un pittore, molto noto dalle mie
parti, il quale trascorse l'ultimo periodo della sua vita, una trentina d'anni,
dipingendo mele, so di un altro che dipinge limoni. Un critico rinomato mi ha
spiegato che si fa per caratterizzare meglio l'artista, per renderlo più
facilmente individuabile dagli acquirenti: profondità insondabili dell'arte.
Questo non vale, non può valere per i poeti, quindi sono felice quando mi
accorgo che subiscono le variazioni d'umore, spesso apparentemente immotivate,
della vita.
Questa raccolta presenta tre momenti distinti che ubbidiscono, secondo
me, a questa esigenza naturale: esprimersi con l'umore che ci attraversa. Va da
sé che la vita dei poeti è attraversata da innumerevoli turbamenti ma non credo
che essi vogliano utilizzare la poesia per renderli pubblici.
La sezione dei Sogni presenta una scrittura verbosa, che indulge molto al
racconto con grande ricorso alla metafora, e cerca personalizzazione nei vari
nominativi. Senza uno schema definito, i versi sono liberi e tendenti alla
misura lunga; alcuni, lunghissimi, mi paiono di grande bellezza: "che si
oppone alla ferita e cammina in avanti e all'indietro" (p. 29), "acceso
davanti alla vecchia in cornice sul mobile buono" (p. 43), "Tra gli
zingari che alzano l'aria abbassando le ciglia" (p. 9), "era bella la
casa in salita aggrappata alla scala" (p. 13), "della corsa a sera resta
il vento raccolto nelle orecchie" (con dialefe fra a e sera,
p. 25).
L'autore riesce a condurre il racconto verso storie forti, gestite con
una vaga tecnica affabulatoria, ed a tenerle incollate ad una realtà che sempre
si fa riconoscere senza mai scadere nella cronaca.
La sezione delle Ipotesi, per sua natura, è più aleatoria. Il verso si fa
più breve, gioca meno su una musicalità consueta e più sul ritmo accentuato,
impresso dalle sospensioni segnate da spazi e sottolineate pause versali.
Diventa più significante la disposizione dei vocaboli sul foglio. Nella Quinta
ipotesi, dopo un attacco rigorosamente scandito dalla coincidenza fra le pause
sintattiche e quelle versali, improvvisamente si passa ad una proposizione
sincopata e vivace, con cambi d'intonazione (segnate dalle parentesi e dai
corsivi) e interpunzioni (messe fra trattini), tanto che parrebbe impossibile
che un lettore, per quanto privo di fantasia, ne possa dare una lettura
monotona.
Infine i Frammenti, forse la parte più densa ma nello stesso tempo meno
concentrata rispetto all'autore. Un esempio mirabile mi pare il Frammento XLIII:
"affido alla povertà della carta | la conquista di un amore nuovo" (p.
54), nonostante attacchi partendo da un apparente ristretto personale (la prima
persona dell'indicativo presente), il concetto si espande subito, pur nella
brevità dei due versi, fino a giungere alla sensazione d'infinito (verso un
amore nuovo, non un nuovo amore). Non è l'autore a strappare la parola dai suoi
riferimenti concreti ma pare che sia la parola stessa , nel contesto in cui
viene riferita, ad allontanarsene per tendere alla sensazione pura. "tengo
strette le radici | che legano le caviglie | e mi lasciano sospesa" (p. 12).
In questa sezione, al di là della scelta e dell'utilizzo dei vocaboli, la
parola conduce al concetto, che sovrasta ogni altra considerazione.
Non rende
giustizia i Frammenti l'allineamento al centro, specie oggi che non serve più
del dattilografo né la maestria del compositore, e basta un tasto del PC. Una
distribuzione più ariosa forse avrebbe giovato, forse casuale, penso alle nuvole
nel cielo delle giornate pensose.
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Recensione |
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