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Forse la chiave per meglio comprendere questo autore sta nel penultimo racconto, "Paesani", nel controverso rapporto che Gianni Bartocci sembra avere con il passato. Nel libro egli sembra separare a livello emozionale il ricordo (triviale) dalla memoria (nobile), dopodiché, indicati fatti triti e vicende significative, non sembra fornire altri termini di valutazione.

Soprattutto all'inizio del libro, i racconti appaiono quasi decontestualizzati, i personaggi, che pure sono delineati, non sembrano avere motivazioni sufficienti per diventare protagonisti; campeggia la vicenda. Il passato si riduce spesso a qualche riferimento per caratterizzare il personaggio o il contesto; a volte il racconto si chiude quasi inaspettatamente, come se tutto si esaurisse in una vicenda che, conclusa in sé stessa, non condiziona il futuro. A volte un fatto potrebbe perfino dare luogo ad un fatto successivo che nulla ha a che fare col primo, e quindi potrebbe continuare autonomamente perdendone lentamente la memoria.

Tutto questo si può vedere più chiaramente, io credo, nella storia del foglio da disegno (p. 40), il quale è il solo ad apparire per tutto il racconto, pur senza che di lui si sappia alcunché e senza che diventi protagonista in alcun momento. Quando il lettore crede ormai di aver individuato il protagonista nel povero Miguel, la scena viene improvvisamente occupata dalla signorina de "La Pia Sociedad", la quale, nel volgere del breve dialogo che squalifica Miguel, diventa protagonista assoluta nel momento in cui lo minaccia col tagliacarte e lo accusa di volerlo stuprare. Potrebbe essere l'inizio della storia di una cattolica integralista e del suo desiderio represso di essere posseduta, ma improvvisamente entra in scena lo scimmiesco Pascuàl con i suoi pugni e calci; potrebbe essere l'inizio della storia di un microcefalo energumeno al sevizio dell'ipocrisia, ma esso non ha neppure il tempo di diventare protagonista che sulla scena irrompe il commissario Juleb, la signorina svanisce totalmente e quest'ultimo costruisce il proprio protagonismo durante l'interrogatorio al fantasma di Miguel; sì, perché quello che fino ad un attimo prima era candidato ad essere protagonista ora è poco più di un oggetto di arredamento, e poco dopo sparisce in una cella senza che si abbia la sensazione che sia per un giorno per un mese o chissà. Il commissario, intanto, diventa protagonista indiscusso attraverso le sue ipotesi sul foglio di carta, e potrebbe essere l'inizio della storia di un impiegato statale insoddisfatto che sogna i sevizi segreti ma, la caffettiera, che sembrava essere entrata in scena solamente per puntualizzare il carattere del commissario, si impossessa improvvisamente dei riflettori, lo uccide e diventa protagonista. Potrebbe essere l'inizio della storia...... Ma forse la vita è quel che è senza bisogno di protagonisti. Forse la vita non è come un film di Hollywood.

Recensione
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