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Biforcazione del pensiero e compressione del dato nella poesia di Domenico
Cara
Può darsi che ci si trovi in difficoltà nel seguire la scrittura una
velocità che essa impone, specie se essa ci chiede contemporaneamente di seguire
direzioni divaricanti fra loro; può darsi benissimo che la velocità imposta non
consenta di sviluppare fufficientemente il temine nel quale è stato compresso il
senso; questo può avvenire, fra gli altri casi, con la poesia di Domenico Cara.
Ma il lettore ha il vantaggio della mobilità rispetto al testo, per cui può
percorrerlo più volte da direzioni diverse. Questo è ciò che rende i tempi della
poesia diversi da quelli
del
consumo.
In uno degli ultimi lavori di Domenico Cara, Filigrane innaturali,
questo tipo di comunicazione è spinto al limite: Giorno del mare (p. 10), Fato
labile (p. 15), Preminenza (p. 21), "Dalle muffose abitudini || Può darsi che
la sorpresa non sia - colta nei suoi giri - | per niente piacevole alla pelle
ruvida, alla privacy, | ma il rimorso, i pori del tempo che la rigenerano, | le
sue raucedini, gli altri grassi infetti, quando avviene" (p. 29); tracimano
dalla categoria del "frammenti", poiché non si pongono come appunti che, spesso
grazie alla loro esiguità, possono trovare riscontri nella memoria del lettore,
ma nascondono la considerazione su fatti ed esperienze che vanno a dilatarsi nel
suo vissuto e poi ritornano, reciprocamente inquinati, nell'immagine o nella
sensazione. In "Tesa delizia" (p. 29) in "Relitto" (p. 53)
in "Preistoria || Il Nord è un boato di conflitti fluviali, ghiacci | di frane, di latte,
d'invenzioni celtiche e ibridità | nebbiose; le maschere ormai fanno fatica a
ridere..." (p. 63), è come se in un solo punto siano precipitati, per il loro
peso specifico, la loro densità, elementi diversi provenienti da considerazioni
lontane fra di loro; riferimenti diacronici siano stati attratti dalla gravità
irresistibile di un buco nero che li ha poi condensati in un grano di materia.
Nella raccolta
Passeggiare nella brughiera, per entrare nello specifico,
si possono distinguere almeno tre aspetti simultanei della poesia di questo
autore. Paragonandola ad una comunicazione via etere (ché sempre di
comunicazione si tratta) si possono individuare: un'onda modulata,
immediatamente percepibile, che si concreta in un andamento colloquiale
variegato; una portante, costituita dalla considerazione di fondo che accompagna
la composizione, ed una sorta di "disturbo", che non si somma ma affianca la
comunicazione, non si contrappone ma resta diversa e, se analizzata
separatamente, può costituire un supplemento d'informazione. Vi sono due esempi
nei quali queste caratteristiche sono maggiormente percepibili. Nella prima
sezione, che dà il titolo al libro, la parte colloquiale si svolge nei confronti
di un interlocutore fisicamente non presente, si potrebbe dire ipotetico, ma con
un carattere distinto; "Ricordati delle ombre, ...", "Sai, i cani non hanno
stirpe ...". La considerazione è sull'uomo (l'artista?) il quale vorrebbe
individuarsi come libero compitore di opere; "in una foresta a corposità
fragrante | non subalterna, e libera per gli arcobaleni", ed invece si sente
fatto parte di un progetto che non condivide; "Là opera tuttavia per molti
personaggi | il guitto solerte che comunque esiste;". Il disturbo è
costituito da una serie di vocaboli in diretta connessione con un aspetto
geo-archeologico, i quali finiscono per porre la considerazione in riferimento
ad un tempo molto più vasto di quello in cui si svolge il colloquio. Fin
dall'inizio troviamo, antichi crani - fossati - felci - via Lattea, e più avanti
ancora, scavi – glossa – lingua morta; tutto si concentra perfettamente visibile
nei cinque versi di pag. 16: "Ti dirò di questa sponda deserta in nome | di
qualcosa che mi turba, che cattura | ancora emozioni; e
del blu
della collina | consacrata ad un'occulta necropoli, | là dove è sempre alienata
l'attesa del tasso".
Altra sezione dove le caratteristiche esposte sono visibili, anche se
applicate a soggetti diversi, è "Tentativi per il controllo dell'emozione". Qui
la colloquialità è nei confronti di un "altro" così intimo che l'Autore sembra
voler spesso confondervisi, annullarsi in lui: "...con te, dissiparsi,",
"Riprenditi la vita dei miei | sogni, ...". La considerazione pare
intorno all'artista, ai suoi metodi e possibilità di lavoro, alla sua vitalità:
"... le monotonie della lingua | tempestate da esercizi sperimentali,".
L'elemento più nascosto, subliminale, in questo caso è l'acqua, il mare, come
elemento instabile che si contrappone alla stabilità intrinseca della parte che
fa riferimento al paesaggio, alla scena; per cui abbiamo acqua che si
contrappone a lenzuola ormeggi, ad olmo zagara salina, a notte felsinea. Questo
continuo riferimento ad elementi instabili e stabili: "Al bacio
del
saluto mi offri | il viso ...", "... nella regolarità | accigliata e crespa
dell'orrido"; induce sulla composizione una diffusa ombra di dubbio e
dà alla colloquialità un senso come di amore non corrisposto che accentua il
tormento
del
protagonista e rende drammatico il finale.
Tuttavia, quando la densità e la velocità di comunicazione giunge a
lambire i suoi limiti estremi rischia di costituire indirettamente una
condizione di pericolo. In Filigrane innaturali possiamo osservare che, ad una
lettura superficiale o ad una non lettura basata sul commento fuorviante di
qualcuno, "Dalla narrazione" (p. 34), "Zelo" (p. 39), "Falò" (p. 48), "Ritmo
dell'ansia" (p. 59), "Ognuno al suo posto" (p. 69), "Continuità" (p. 75), possono
apparire come aforismi, ma nella gestione sempre più corrente (corriva?) a volte
questi sono ridotti a sentenze, le quali in molti casi non sono altro che frasi
d'effetto che non necessitano di meditazione poiché quasi sempre si tratta di
battute vuote. Nella postfazione, l'editore sottolinea dell'autore: "Il suo
aperto (e occulto) desiderio è di riscoprire il rigore e la definizione privata
per farla diventare comunicazione contingente e civile, [...] rispetto ai
dettati collettivi e alle stesse ambiguità moralistiche sommarie. [...] scrigni
linguistici [...] in cui la materia poetica compila riflessioni [...] vampe e
soluzioni minimali, [...] come spoglia protesta e senso
del
nuovo mondo.". Tuttavia, perfino un esempio indubitabile come:
"Germoglio || Bisogna restare dentro il dubbio per interrogarsi?"; se
sorvolato velocemente, può apparire come una gestione eclatante della
contraddizione in termini, atta a soddisfare la voglia di protagonismo
declaratorio da un lato ed il bisogno di autoreferenza dall'altro, da parte di
personalità vacue le quali, in ultima analisi, sono quelle che decidono l'audience
dei palinsesti, e quindi di fornire loro, per confronto, una falsa patente
letteraria. Questo potrebbe inquinare l'ambito della comunicazione letteraria
attraverso l'immissione di elementi esperti nella rilevazione veloce di simboli
fonetici e nella loro aggregazione in sequenze atte a riprodurre suoni
articolati, elementi ai quali è però indifferente di saper leggere (non è questo
a cui si tende con l'addestramento attraverso i giochi elettronici? A rendere la
capacità di reazione indipendente e più veloce di quella di considerazione?). La
facilità con cui si potrebbe diffondere questa pratica non potrebbe che
aggiungere confusione, e questo sarebbe indubbiamente un pericolo di dimensioni
assai più grandi dell'eventuale e
modesto
ritorno sul mercato editoriale.
Rivista Equipèco.iy
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