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I poeti, l’avrete notato anche voi, più invecchiano e più si perdono in
reminescenze di sensazioni gracili, che alla prova dei fatti odierni appaiono
quasi rachitici, parlandone col massimo rispetto sanno vagamente di
minimalistico. E’ quasi sempre così, non nascondiamocelo; i bei tempi andati, le
piccole cose di pessimo gusto, ricordi ad uso personale che poco riescono ad
avere in comune oltre la cerchia dei coscritti. Purtroppo spesso è così, e va
perduto ciò che del passato è il patrimonio che varrebbe conservare come temine
di paragone. E’ un concetto che ho molto chiaro ma che trovo difficile da
comunicare, ci ho provato tante volte con risultati che mi sono parsi
insufficienti.
Questo libro si apre con la poesia Tre momenti sul tema “assaporare”;
piccoli ricordi d’infanzia tratteggiati con precisione in poche parole, è il
mestiere dell’uomo quello di ravvivare la propria memoria, nelle prime due
strofe, poi il registro cambia, svanisce il tempo lo spazio e perfino la cosa di
cui si tratta si fa evanescente, e improvvisamente il “assaporare” si pone in
un’accezione diversa; è il mestiere del poeta, questo. Se provate a ripassare la
poesia dalla fine verso il principio vi sarà chiaro quel concetto che dicevo di
non saper comunicare: le prime due strofe, nel loro apparente minimalismo,
pongono i termini di paragone e poi la terza induce al confronto con essa.
Allora quell’apparente minimalismo aumenta l’effetto desiderato ed anche colui
che non ha esatta memoria di erbe aromatiche o di “rianata” coglie il
senso dello scarto fra le due situazioni poste ad arte a confronto.
Non tutte le reminescenze riescono a porsi in questo modo né così
chiaramente, lo so anch’io, ma l’obiettivo del ricordo nella poesia, conscio od
inconscio che sia, è proprio questo. Vale la pena di un asterisco, ad uso di chi
avesse qualche perplessità: “Ed era il cuore – il cuore - | ad
accendere i flash.”. In Foto album (p. 25).
Dopo di questo che altro? Forse l’esattezza di un amore che è passato
oltre i suoi fattori e li trascina mostrando loro l’ormai inutile dialogo
condannato al ritardo sul sentimento (p. 35). O la struggente canonizzazione
in pectore “della Vincenzina”, come diremmo noi padani, il cui fantasma si
dice batta la notte alle porte dei loculi dove clandestini s’incontrano i
personaggi pubblici.
Come sulle
Strade Consolari, oggi Strade Statali, i Romani posero i tumuli a memoria dei
personaggi meritevoli, il poeta pone i suoi sull’autostrada delle coscienze.
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Recensione |
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