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Com'erano belle le bagnanti di Ingres, le ballerine di
Ptoulouse-Lautrec, ma poi la pittura perse gradatamente la figura e le rimasero
solo la forma e il colore: davanti all'astratto mi parve non ci fosse più nulla
da guardare. Invece, pur non essendo io un critico d'arte bensì un panettiere
vercellese, mi accorsi che mentre non ricordavo un solo quadro cubista né il
nome di un autore, mi rimanevano stranamente impresse le composizioni di
Kandinsky e mi attraevano gli studi di Mondrian, che pure mi turbavano. Eppure
tutto questo non mi lasciò neppure immaginare cosa sarebbe successo nel momento
in cui la poesia avrebbe perso il racconto, e poi anche la proposizione di
situazioni reali, fino a restare solamente parola e ritmo.
Pasquale Della Ragione in questo libro, di cui la copertina
mi sembra introduttiva forse più del risvolto, non giunge a tanto; la
proposizione di situazioni più o meno reali rimane ma in modo a volte
ostentatamente disorientativo (disarticolante?) da negare il racconto e lasciare
il lettore in balia di sensazioni, emozioni, sentimenti a volte forti quanto
apparentemente immotivati.
Così come nel verso gli accenti cadono su alcune sillabe
evidenziandole in questa silloge vi sono alcune sollecitazioni che paiono messe
in evidenza, anche per la loro reiterazione: si tratta di quanto pertiene, anche
attraverso una grande quantità di collegati e derivati, al concetto di
liquidità, di acqua, di mare. A questo elemento anche il lettore meno attento
non può sfuggire.
Altro concetto che viene evidenziato con lo stesso sistema è
quello di luce, con tutto il suo corredo di collegati, biancore - lucentezza,
occhio - pupilla e avvampa - scintilla – candela. Con lo stesso sistema l'autore
sovverte anche il senso di evanescenza insinuato nello stesso concetto
attraverso un successivo sbiadimento dei colori, uno smorzarsi verso il grigio,
uno spegnersi nel buio. La presenza dei termini luna e stelle potrebbe lasciar
intendere il riferimento ad un tramonto ma io credo che abbiano invece soltanto
una funzione accessoria nel sottolineare il passaggio al buio, altrimenti si
dovrebbe pensare ad un'immagine piuttosto trita nella letteratura poetica del
passato: liquidità – vastità del mare, smorzamento – tramonto, buio – stelle;
immagini piuttosto scontate e bucoliche, troppo umanizzate o umanizzanti. Invece
non si avverte alcuna presenza umana ma solo la coscienza d'esistere di colui
che compie l'osservazione, la considerazione: lo scrivente e di riflesso il
lettore. Tuttavia la considerazione non è avulsa dall'umanità ma solo lontana
dal contesto umano in senso fisico. Alcuni riferimenti al concetto di violenza
collettiva, come elmo sciabola corazza pirotecnica rovine corpi immobili,
potrebbero lasciar pensare al contrario tuttavia la totale mancanza di
riferimenti all'avidità e al denaro li rendono meno umanizzati. mentre
riferimenti di altro tipo, come atollo, gran cerchio liquido sull'orlo, la
nuvola di facciata che evapora e cade, riconducono al concetto di violenza verso
l'elemento natura nel suo complesso, molto presente invece, anche se in modo non
così concettuale come quelli descritti prima.
Nel suo complesso quindi la considerazione di Pasquale Della
Ragione mi sembra rimanere sospesa, in perenne oscillazione ma senza avvicinarsi
troppo alla crosta terrestre né rischiare di perdersi negli spazi siderali.
Qua e là, alcuni gruppi di versi sembrano mostrare lievi
tracce di racconto (figura) che però subito si dissolve nella parola (colore) e
lascia vaghi accenni nell'insieme. La rigida divisione in brani, composti da
versi al limite della lunghezza canonica, divisi a loro volta in strofe di
quattro e tre versi con una coda composta da un verso isolato (forma), tengono
la silloge legata all'idea della tradizionale poesia civile, allontanandola da
sperimentazioni a volte divagatorie verso l'introspezione. Su tutto sembra
dominare un senso drammatico, se non tragico, con qualche cenno al
risollevamento, e il panorama non appare proprio sconosciuto.
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Recensione |
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