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Apre solennemente la prefazione, Sandro Gros-Pietro, così: “Nessuno
oggi potrebbe più parlare di anacronismo o inattualità nei confronti della
poesia di Veniero Scarselli.”. Dopodiché continua con lunghi ed esperti
approfondimenti richiesti da un tale esordio, ma per chi conosce l’autore quella
premessa è già sufficiente. Stiamo ormai perdendo l’uomo, lo chiamo ancora così
per dovere di etichetta, il poeta è ormai giunto ai bordi del conoscibile e sta
superando il limite dell’umana concezione. Da quel luogo non vi è possibile
ritorno, tutti quelli che ci hanno raccontato Dio, ogni Dio, si sono fermati
prima, ne hanno avuto sentore, al massimo, ma null’altro. Il nostro poeta invece
sta cominciando ad esserne parte.
Si perde nel tempo il suo distacco verso un’ascesa ininterrotta, la sua
partenza dal campo base per la scalata, perché come tale egli ha affrontato la
sua ascesa, contro la caparbietà della roccia, l’irriducibilità della
gravitazione, la tendenza pompieristica del fervore nel suo protrarsi; egli ha
tramutato lo sforzo in rabbia autogena e mai ha pensato di demordere. Ha
traversato i vari stadi come si compiono i riti di iniziazione verso uno stato
superiore; giunto al Grande tritacarne ha stabilito un campo avanzato per
recuperare un poco di forze e potersi quindi spingere verso la mèta finale.
Scrissi allora: “Assente ogni tentativo sia di conservazione o restaurazione
che di revisione o innovazione, sentimenti che invece si intrecciano ai temi che
maggiormente accendono la discussione nella Cristianità di questi anni, … Ad una
lettura superficiale, il testo potrebbe apparire come una diffusa quanto cruenta
satira di uno dei tanti carrozzoni che contraddistinguono la nostra epoca, … Ma
una lettura più attenta rivela riferimenti e connessioni ad aspetti più
psicologici e metafisici della società nella quale viviamo; nella quale siamo
costretti a vivere, sembra suggerire l'autore. … entra più volte nel particolare
anche minimo, chiarisce perfettamente anche il meccanismo che pare meno
incidente ai fini del lavoro, ma non costringe mai l'insieme ad un tema preciso;
usa tutto il suo mestiere per far sì che il viaggio nel palazzo, che a volte ha
attinenza col più profondo degli inferi mentre altre pare invece
irraggiungibilmente alto,”. Partendo dalle parole dell’autore di allora si
evince oggi che il rapporto con l’entità sociale e con la soprannaturale, che
egli chiama ancora semplicemente Dio per dovere di etichetta, non sono più di
elargizione, di profetizzazione, né di dipendenza e neppure di discendenza ma di
anacronismo (qui sì) con la prima e di contemporaneità nello spazio temporale
con la seconda, rapporto quest’ultimo inconcepibile agli umani come lo è la
definizione “non ha mai avuto inizio e non avrà mai fine”; pare trattarsi
quasi di una sorta di copresenza inter pares dove la differenziazione
avviene per diversità di funzioni nel ciclo continuo di
Creazione-sperimentazione-correzione-riconcezione-Creazione. Non peccherebbe
certo di superbia chi parlasse di audacissimo piano per riformare l’universo
correggendo gli errori originari della creazione (l’Errore Originale colma il
vuoto che non a molti era parso accanto al Peccato Originale). Si avvicina
sempre più il tempo in cui, perso definitivamente l’uomo, i messaggi che ci
giungeranno dal Poeta, perché continueranno a giungerci, non saranno più
concepibili alla mente umana, per lo meno alla mente umana come è oggi
conformata. Non si tratterà di nuove forme di ermetismo né di crittografie di
tipo rituale, questo no, tuttavia pur rimanendo perfettamente comprensibili i
termini dei discorsi ce ne sfuggirà il significato intimo e profondo, ed allo
stesso modo diventerà incomprensibile all’autore come la sua estrema limpidezza
risulti impenetrabile a noi umani.
La dotta
prefazione di Sandro Gros-Pietro termina con una dichiarazione metafisica e
tuttavia estremamente razionale: “E, infine, chi mai può dire che la realtà
si esaurisca totalmente nel reale?”. Dichiarazione certamente illuminante
per chi volesse valutare l’oggetto in questione rimanendo con i piedi ben
piantati per terra, ma per l’autore come per coloro che mi hanno seguito nel
discorso fino a questo punto non può più servire. Scriveva decenni fa l’amico
Rossano Onano a proposito di realtà e poesia:”se la testa dice solo quello che sa, a cosa serve la poesia?”.
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Recensione |
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