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Già era accaduto nel
1997 – su questa rivista d’arte e cultura – d’incontrarmi con Il palazzo del
Grande Tritacarne di Scarselli: un testo neo-surrealista capace di
convincere al punto di apparire realtà. Ecco che nel presente 2010 Veniero
riesce di nuovo a stupire, ma questa volta con un poema in odore di Divina
Commedia, avvalendosi di una religiosità per così dire “moderna” all’insegna di
una Suprema Macchina Elettrostatica posta al culmine della Grande
Montagna raggiunta dal poeta, laddove Super-Gemma, moderna Beatrice, gli
illustra il complesso funzionamento della Grande Fabbrica di anime artificiali
destinate a riempire d’Amore l’universo. A favore del lettore e proprio per il
fascino del poema, non si aggiunge altro in quanto i fruitori del testo potranno
avvalersi della chiara prefazione di Sandro Gros Pietro, del tutto condivisibile
e chiara taglia. Originale e coerente l’ottima copertina di Carlo Cioni.
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Recensione |
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