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Danilo Mandolini ha dato di recente alle stampe la raccolta Radici e rami. E’ poeta che seguo da tempo perché marchigiano, edito presso case editrici amiche e, soprattutto, perché sa raccontare in versi… e io amo chi narra. Ciò non toglie che Danilo non sappia addomesticare la poesia anche dal punto di vista formale. Nella sintesi graffia e scava, eleva, innalza una parola e, attorno a essa, costruisce una struttura, che molto lascia al respiro e a ulteriori aperture, a ulteriori rimandi.

Ha scritto di lui Giovanni Commare: “Danilo Mandolini, senza rinunziare al linguaggio fortemente metaforico che lo connota, ci dà un’opera di misura classica, costruita con un lessico selezionato e coerente, ma, soprattutto, una ricerca autentica che vive di vera tensione drammatica, talvolta persino commovente”. In effetti la nota migliore di Danilo è quella che scaturisce dal ricordo, è quella che germina dalla memoria. In Radici e rami parla del suo rapporto col padre, del come la figura del genitore ha segnato in positivo la sua esistenza, quindi riporta stralci di lettere del padre scritte a sua madre, nonché testimonianze, sempre in versi, di chi lo ha conosciuto in vita. L’intreccio che risulta diviene, a momenti, spunto per formulare versi-aforismo di sicura pregnanza filosofica. Una riflessione, perciò, scaturita dalla carne e dal sangue originari.

Norma Stramucci, della quale condivisi l’analisi, scrisse a riguardo di La distanza da compiere, sempre Ed. L’Obliquo, 2004, penultima raccolta edita di Danilo: “…versi che si inerpicano per un sentiero dove il futuro è già passato, e dunque è possibile vi sia ‘spasmodica attesa’ di quanto è già trascorso, in una concezione bergsoniana di un tempo che, nella sua oggettività non può che essere un’astrazione poiché, nel proprio sussulto, non va in una unica direzione ma addirittura ritorna in una ‘nuova attesa del dopo’ in cui ritrovare persino ‘i ricordi di domani’. E dunque, sulla scia dell’insegnamento heideggeriano di Essere e Tempo, Mandolini concepisce il presente, il mero istante, come il tempo dell’inautenticità, della chiacchiera, dell’egemonia - lui chiaramente aggiunge - della mercificazione.

Certamente Mandolini, presa coscienza della propria solitudine, sa che non è possibile fissare definitivamente il significato dell’esistenza umana, ché per farlo sarebbe necessario conoscere la propria morte e la morte stessa della storia. Ma dal proprio orizzonte ha deciso di non escludere la morte, praticamente di essere-per-la-morte, considerata la sua ineluttabilità in un percorso che è, appunto, la distanza da compiere”. Questa la poetica di Danilo, una poetica che sempre ritorna nei suoi scritti, segnandone l’originalità.

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