L’universo che canta Pietro Nigro – afferma
Franco Lanza nella prefazione al libro – è il cosmo in trasformazione per cui
passato e futuro si agganciano alla perenne incandescenza del presente, cioè
dell’”io che si effonde su tutte le cose”. E chi è questo io? E’ Dio che si
immedesima nella creazione in tutto ciò che Egli ha creato: il suo pensiero si
fa natura, si trova in volubili astri, è acqua della pioggia, volo d’uccelli o
altro.
Tutto è movimento, sia nel cielo che sulla
terra, tutto è guidato da una mente superiore che trascende l’io di tutti noi,
dopo che si fa terra, acqua e cielo. Tutto il movimento che vediamo in noi
stessi non è che un’ emanazione di una mente superiore: vi è il senso di una
luce vittoriosa che coinvolge il principio e la fine, l’Alfa e l’ Omega.
Attraverso questo coinvolgimento il poeta ripercorre tante immagini, sia tratte
dalla materia sia dallo spirito, ed ha sempre fisso lo sguardo a questo,
riflettendo sul limitato confine dell’esistenza umana nel mondo.
Al poeta piace molto contemplare tante cose
lungo un sentiero vertiginoso; egli costruisce delle immagini belle e suggestive
nelle varie poesie, i cui versi sono sapientemente modellati dal pensiero dello
scrittore, sapiente costruttore di scene e paesaggi che ci dànno molto da
riflettere e da pensare.
Il volumetto perciò ha avuto tanti
lusinghieri consensi dalla critica: si sono espressi tra l’altro in suo favore
Leone Piccioni, Giorgio Bárberi Squarotti, Giorgio Santangelo. Pietro Nigro è
presente anche nel “Dizionario di autori contemporanei” (1996) e nel primo
volume della storia della Letteratura Italiana. Il secondo Novecento” (1995).
Impeccabile la vesta editoriale con la biblica immagine di un codice medievale.
|