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"Era un giorno di Aprile dell'Anno 2178", d.C. specifica l'autore
a scanso di equivoci. Si tratta quindi di un romanzo di fantascienza. Forse per
il fatto che la questione che si pone è di quelle che probabilmente in quella
data non avranno ancora trovato soluzione, il mondo ce ci si trova davanti non
mi pare molto diverso da quello che conosciamo o che abbiamo conosciuto, tutto
sommato spesso pare di essere nel 1978. Ma non bisogna confondere il testo col
pretesto, e il problema annoso della riproduzione, della maternità,
dell'infanzia e del tentativo di controllarli (riempire le culle per fare
l'impero, la mano sulla culla è quella che governa il mondo, e altro) è in
effetti soltanto il pretesto per iniziare un intreccio dai lati affascinanti ed
avvincenti nel modo in cui devono esserlo le storie che oggi vanno in
circolazione. Forse non si tratta esattamente di un libro da spiaggia ma può
intrattenere per qualche ora un lettore appassionato al genere.
I colpi di scena non mancano: il pazzo che si rinchiude in casa con
ostaggi, gli hackers underground rivoluzionari, lo scontro fra il mondo
razionalizzato dal perfetto controllo e l'intima irrazionalità della gelosia
femminile, fino alla più annosa di tutte le questioni, quella delle origini
giudaico-cristiane della nostra civiltà (?), ma questo c'era da aspettarselo
dato il titolo. Una certa insistenza sul tema della famiglia non dà luogo ad
approfondimenti, e sostanzialmente sia il suo aspetto che la sua funzione
appaiono uguali dal 32 al 2178, dopo Cristo naturalmente.
Il linguaggio è quello parlato, sempre, sia dai personaggi che dal narratore, e
in effetti il romanzo si propone come divagazione dall'invadenza del quotidiano,
non come esempio di tema per un esame di italiano. Quindi anche le dimensioni
sono quelle del romanzo, cosa piuttosto rara negli autori odierni, la casa
editrice è di quelle abbastanza rampanti nel vasto panorama, specie per quello
che riguarda la prosa, il filone è quello di moda, fra l'horror ed il
fantastico, si potrebbe affermare di trovarsi di fronte ad un prodotto di
spiccata modernità, invece, l'autore non riesce a superare la patologia del
ringraziamento, che non si riesce a definire con precisione se abbia
l'intenzione di soddisfare più l'ossequiante o gli ossequiati, eppure sono certo
che qualche consiglio negativo egli l'ha ottenuto forse anche dagli stessi
nominati, ma niente! Quindi non viene risparmiata ai lettori una dimessa e trita
ultima pagina, neppur troppo corretta nelle bozze ma per fortuna fuori
numerazione, che lascia in bocca un sapore stantio di provincia borghese, con "il
Trentin", che appare di coccio, come il Don Abbondio fra i Bravi, in mezzo a
tutti quei Prof. - Dott. - Prof.ssa, peccato.
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Recensione |
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