Linee spezzate
nella tempesta

Narrativa. C’è
chi ritiene che leggere contemporaneamente più libri accresca la facoltà di
ricordare le varie trame. Niente di meglio quindi di due libri in un solo volume
in cui le linee narrative – linee spezzate per dirla col titolo –
procedono in modo alternativo, pur presentando alcuni dati che le assimilano. Dà
una certa sicurezza affrontare un volume di quasi seicento pagine, sostenute da
una capacità inventiva che si spinge fino ad aspetti funambolici, mantenendo la
sua cifra espressiva, e, in sostanza, lo stile.
Quei personaggi che vi
appaiono, pur in superficie picareschi, ci dicono delle verità che riguardano
una certa categoria di individui: U stomacu è u patruni di tuttu. Non
inganni dunque il linguaggio disinibito, che raffigura quel che veramente si è,
a fronte di ciò che vorremmo rappresentare. Ne consegue che taluni spunti
mostrano una ‘saggezza’ a cui molti non sono abituati: Troppi pensieri
attirano corvi neri.
La capacità dell’autore di muoversi nei vari registri è
ragguardevole: si arriva alla esplosione parolibera, ma probabilmente con
una funzione diversa dai futuristi: qui si deve piuttosto seguire un
percorso che a tratti è perfino classico, in certi brani dove l’accezione
classico va intesa in rapporto al senso generale dell’opera. In ogni caso
l’intuizione utilizza il dato linguistico che diviene creazione ex novo. Diversa
è anche la prospettiva entro la quale si articolano le due storie: individuale e
non, avendo al proprio interno altri accadimenti. Vi affiora pure un dato
inquietante, ad esempio il sogno.
Ora il piegare i vari elementi a una
precisa volontà non è da tutti, in particolare sotto il profilo tecnico. Infatti
il discorso diretto integrato nel fluire del decorso descrittivo viene qui
condotto con quella estrema perizia piuttosto rara negli scrittori d’oggi. È la
dimostrazione che significato e forma possiedono un loro significato da non
sottovalutare e confondere con le vicende narrate.
È questa un’opera prima, che
a nostro avviso non nasce a caso. C’è dietro una solida e vasta cultura, quale
si evince da diversi passi e perfino con riporti storici, che proviene da una
militanza in campo teatrale. Di Marca è regista, attore e drammaturgo: siciliano
di nascita e romano di elezione: riteniamo che sia il motivo per cui le due
storie si collocano in luoghi e tempi differenti.
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