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Nonna marciana

Narrativa. Un poeta, del quale ora ci sfugge il nome, ha scritto che “c’è un fiume che trascina tutte le infanzie degli uomini” — questo per dire che le infanzie di qualsiasi natura posseggono punti di contatto, ma anche divergenze, sino alla diversità totale, e in ogni modo unite nel gran fiume del tempo e della memoria.

Ciò teniamo a mente nell’affrontare il presente libro. Ci sono figure emblematiche che spiccano per le loro caratteristiche, tanto da costituire un esempio e un punto fisso anche per l’adulto, il quale rievoca e trasferisce i ricordi sulla pagina. È il caso di nonna Milia (Emilia), che col trascorrere degli anni anziché sbiadire sembra acquistare maggior rilievo. Il libro inizia con un sogno: ci sarà poi un altro sogno, che risulta tra i momenti più interessanti della narrazione. C’è chi dice essere la vita sogno, allora siamo indotti a pensare che la realtà sia il sogno di un sogno. Quale consistenza le diamo? Una volta scomparsa non potremo distinguerla.

La prosa di Diedo è di una precisione notevole, pone davanti al lettore squarci personali d’infanzia e adolescenza. È necessario quindi adeguarsi ed entrare negli eventi narrati, soltanto così sarà possibile percepirne tutta l’intrinseca bellezza. I nonni hanno sempre rappresentato per i bambini un tempo mitico: essi portano conoscenze che vanno oltre il passato immediato, è a quel passato remoto che a noi non è concesso accedere, ecco quindi che riceviamo memorie da più antiche memorie, sviluppando anche nel subcosciente dei ricordi che vorremmo definire mitici, ben più del mito usuale, poiché appartengono per interposta persona al nostro vissuto.

Qualcuno ricorderà un nonno che raccontava favole, ma oggi gran parte di quel mondo è scomparso, e alle favole non ci si crede più. Forse c’era più sentimento e meno tecnica: pochi nella odierna società piangono sommessamente, e anche il dolore diventa spettacolo. È già un pregio che il libro ci offre: riacquistare la nostra dimensione umana. Ma nel contempo era una scuola di vita, non smancerie, ma insegnamenti. Che dire di una attualità dominata dall’ipocrisia? Siamo convinti che non pochi lettori, ancor più se avanti con gli anni, ritroveranno quei comportamenti genuini che si instauravano tra le persone. Uno dei punti chiave del libro è, come abbiamo detto poc’anzi, un altro sogno che ha come soggetto un libro o quaderno: in simile dimensione la scrittura assume sfumature con risvolti persino ‘inquietanti’, ed è qui che si vede la capacità del narratore di suscitare l’attenzione di chi legge, in caso contrario sarebbe un libretto di memorie e nient’altro.

Ci sono passi in cui si deve procedere per ipotesi, e forse resteranno sempre incogniti. Un esempio: lo zio non si giustifica per non aver aver mantenuto la promessa di una gita al mare. Un aspetto che potrebbe venir trascurato è il senso di una pietas che non di rado informa questi ricordi. Ne abbiamo diversi esempi. “Ammazzavano le povere bestie con una pistola puntata sulla testa che sparava un grosso chiodo. Mi veniva da piangere.” — non assomiglia anche alle esecuzioni sommarie di esseri umani? E per quanto riguarda un essere umano: “Ma, proprio in conseguenza di quella bocca obliqua faceva pena, poverino.”

E infine: “[...] mi fece piacere che l’animale, a qualsiasi specie fosse appartenuto, non fosse morto.” Tali esempi mostrano nell’autore una sensibilità non comune, il rispetto della vita, qualunque sia la forma in cui si esprime. Certi valori etici non vanno dimenticati: costituiscono quella parte più profonda di un libro che vuole lasciare una traccia del suo messaggio, talché si potrebbe citare il Giusti per cui “Il fare un libro è meno che nïente, se il libro fatto non rifà la gente.” (dagli Epigrammi): non vogliamo essere così rigorosi, ma indubbiamente un libro deve avere almeno una funzione comunicativa.

I cambiamenti di case e luoghi rendono le vicende del giovane Diedo più vivaci, volendo perciò seguirne quelle mutazioni che avvengono persino nelle cose: “Ciò che non c’era ora c’è” e all’opposto non c’è più quel che un tempo c’era: ma la facoltà di rievocare, tenendo pur conto di tali mutazioni, ci riconduce a quella verità che risiede nel nostro intimo.

Recensione
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