Quando un poeta se ne va
Poesia. L’autore
è nato a Bosisio nel 1967 e attualmente risiede a Livigno. Ha già diverse
pubblicazioni al suo attivo. Questa raccolta balza subito all’occhio per certe
sue peculiarità visive, per esempio l’ampia spaziatura fra i versi e la
struttura in genere verticale e per versi brevi o addirittura minimi.
Non che
manchino versi più estesi: in Al risveglio incontriamo un dodecasillabo:
“e i nostri cari riposano nel sonno”; in A ritroso un novenario con non
comuni accenti di quarta e ottava: “a temporali ed acquazzoni” (vedi fr.
Papafava); nello stesso testo un ottonario trocaico: “come un fragile
Titanic”.
Poi, i versi brevi: “che la mia carne” quinario (Conservalo);
“che le cose” quadrisillabo (Senzatetto) sino all’estremo bisillabo, ora
sdrucciolo: “ruvide” (Esito) o di una sola lettera: “e”, su cui, anche se
atona, cade l’accento.
Questo per definire una struttura certo più rara come
probabile scelta dell’autore per conferire ai singoli versi maggiore ‘potenza’
distillandone il percorso. Ovviamente, è il contenuto poi a completare lo stile
del poeta, attraverso la valutazione delle parole e la creazione di allegorie e
metafore originali. Nella già citata lirica A ritroso, esse si presentane
nel complesso testuale, conferendo una maggior presa semantica. L’idea religiosa
risalta spesso: non va dimenticato che il Conti ha conseguito il Baccalaureato
in Teologia presso la Pontificia Università Urbaniana di Roma. Il desiderio di
eternità si affaccia in Amen: “Vorrei essere un vecchio papiro” —
inusuale similitudine che contiene in sé numerose interpretazioni e secondo
taluni ha non di rado una valenza spirituale.
Insieme a quei sentimenti
perenni il poeta riconosce che nella fredda terra vi sia il letargo:
un presupposto della nostra eternità? La poesia omonima esprime la speranza, il
che non vuol dire perdita completa dell’essere, poiché nella materia le creature
e le cose si trasformano: uno stadio progressivo che Poe descrive nel suo
colloquio tra Monos e Una.
La poesia ci dà la facoltà di udire l’inudibile, di
cogliere nel paesaggio, ad esempio quello marino, le voci profonde che ci
parlano anche di dolore, di grida di aiuto: a questo punto giunge la
sensibilità, parte essenziale della vita, parola quest’ultima che ricorre
spesso nella presente silloge. Ne esce una grande lezione, ciò che vita e ciò
che non è: il poeta nel suo Laccio invisibile ci avverte: non si può
vivere senza amore — è questo probabilmente lo scopo dell’esistenza.
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