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Scritture d’attore. Rifrazioni artaudiane nel teatro
italiano.
Carmelo Bene, Rino Sudano, Socìetas Raffaello Sanzio

Saggistica. Per
il linguaggio specifico riferito al teatro questi saggi si raccomandano in modo
particolare agli studiosi che potranno ricavarne preziose indicazioni. I quattro
capitoli quindi seguendo una linea coerente secondo un’ottica che gradualmente
definisce gli elementi in campo, approfondiscono le tematiche rivelandone i
meccanismi riferiti agli eventi teatrali.
Certamente il teatro di Artaud, noto
come teatro della crudeltà, rompe quegli schemi che ancora a una certa epoca –
primi anni del secolo scorso – erano consueti. Ma è l’insieme dei passaggi
che qui interessa: dal copione scritto, all’esecuzione recitata, agli altri
aspetti connessi, quali la gestualità e perfino gli oggetti di rappresentazione.
La lettura che Dessì propone può anche non venir recepita nella sua effettiva
sostanza, ma è comunque una visuale che scava a fondo e rileva ogni pur piccolo
dettaglio. Il corpo diventa dato efficiente, non esclusiva presenza.
L’interpretazione che prevede la fissità della parola si amplia secondo più
direttrici. Ci sembra che Artaud capovolga i termini evitando il dualismo che
contrappone materia e spirito, due parole da intendersi in modo più esteso.
Scrive Dessì che la parola è un organismo, e non poteva meglio definirla,
e come ogni organismo presenta dei mutamenti, di senso e di esercizio.
Su
Carmelo Bene è necessario dunque rapportare l’idea di teatro classico a quello
aperto, fino al paradosso. Di uguale spessore i due saggi che riguardano
Sudano e la Socìetas Raffaello Sanzio. La vasta bibliografia riguarda i soggetti
esaminati, oltre a diverse opere consultate, testimonianza di quanto impegno sia
necessario per realizzare un libro come questo.
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Recensione |
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