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Tutto passa
Poesia. Chi
conosce tutto l’iter poetico di Maurizio Zanon fin dalle origini con Prime
poesie (1979) si rende conto di un progressivo approfondirsi delle tematiche
che ne stanno alla base. Se in una prima fase la sua poetica era assai vicina a
una realtà quasi fisica, per non dire materica, ora il suo linguaggio assumendo
i portati che solo l’esperienza è in grado di rivelare, penetra con purezza di
scrittura nell’area che si direbbe sostanzialmente appartenere alla filosofia.
Ma questa interazione non fa che arricchire una versificazione di per sé attenta
alle sfumature senza perdere il senso dell’insieme, ora riassumendo il
significato in appena due versi (La vita) oppure estendendo il discorso
in un movimento costruttivo che spesso contiene una quantità di considerazioni
davvero notevoli. Sembra che il poeta non accetti la morte, eppure la poesia
dovrebbe esorcizzarla, creando nella parola un suo incorruttibile universo che
sfida il tempo e le cose per congiungersi all’inizio di un esistere che –
dicono le Scritture – nasce dal Verbo.
Sono dubbi più che legittimi in chi sa di
appartenere ai “corpi fluttuanti”, a una natura che non conosce nomi, da ciò
pare che la fede vacilli, ma non si spenga. Se poi il mondo fosse solo
concreto altri elementi lo distinguono; di noi una progressiva estinzione,
ma non sempre: come ci dice Poe nel Dialogo di Monos e Una è infine il
Tempo a segnarci, e forse a conservarci in una prospettiva senza fine. Comunque
sia, la natura, pur se matrigna, ci consola coi versi del poeta “In questa luce
unica e profonda”.
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Recensione |
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