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Un tiro mancino

Narrativa. In copertina abbiamo già un preannuncio dei contenuti: omofobia, conformismo, narcisismo digitale. L’autrice affronta temi di grande impatto, che riguardano particolarmente il contesto della società, ma vanno a individuare le singolarità che vi emergono, soggette non di rado alle mode e alla logica del profitto: se così non fosse potrebbero prevalere quei valori che fanno di una società un modello civile.

Il romanzo è strutturato per capitoli contrassegnati da titoli: è una scelta che sembra riferirsi al buon tempo antico è dà al testo varietà e compattezza della trama. Dobbiamo forse presumere che i personaggi diventino anche simboli? senza dubbio referenti, la cui indole appare difficilmente modificabile, tanto da arrischiarsi a dire che ciascuno è quel che è. Ma la prosa scorre lieve, proprio per una innata cifra stilistica che da eventi della quotidianità trae la sua forza per costruire un percorso conseguente: dietro comunque vi agisce ciò che risiede sia nei sentimenti che nelle profonde motivazioni dell’io.

Perciò i tre personaggi cardine rappresentano per così dire talune tipologie caratteriali. La più propositiva sembra quella di Milena, che affronta il periodo adolescenziale secondo un certo principio etico, sviluppando la sua identità su una linea coerente. È pur vero, ci avvisa la quarta di copertina, che “tutto si evolve, nulla resta identico”, ma in questo evolversi rimane l’io irriducibile malgrado i cambiamenti dovuti a età e luogo.

Lo specchio della vanità è introdotto da Veronica – ma la vanità non è solo femmina, altrimenti Narciso sarebbe una fanciulla – la quale convinta di un suo fascino si accorge però che la presenza fisica in amore ha un peso: un controsenso a quanto pare, in tal caso l’amore si concentrerebbe su poche persone. Vi è semisegreta una qualità poco raccomandabile, voler prevalere e togliere agli altri, cioè a Milena, quel che neppure quest’ultima potrà mai avere.

La figura più genuina, che quindi ci ispira simpatia, è proprio il conteso Marco: la sua rivelazione fa tabula rasa di tutte le ipotesi di conquista. Chi legge tenga soprattutto a mente che un romanzo diventa qualcosa di vivo e reale allorché i suoi personaggi anche secondari esprimono il loro mondo interiore, e questo riesce grazie alla capacità intuitiva dell’autrice.

Si ponga attenzione inoltre a un certo personaggio, che avrebbe qualcosa da insegnarci. Un tiro mancino quindi è più di un semplice romanzo: svolge una funzione perfino educativa, cogliendo impulsi e ideali tipici dell’adolescenza e mettendo in luce le storture che la società dei consumi rischia di produrre.

Recensione
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