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Dopo Torbidi amorosi labirinti ho letto con forte interesse la sacra rappresentazione di Veniero Scarselli Priaposodomomachia. Entrambi i libri conservano al fondo, sotto la lussureggiante increspatura del linguaggio, una specie di ghigno feroce dove ironia e disperazione sembrano strettamente allacciate. E' in fondo il canto disperato dell'uomo solo, forsennatamente lanciato alla ricerca dell'amore totale, prigioniero dell'involucro di carne che gli impedisce qualsiasi progresso verso mete totalizzanti, dove anche il piacere carnale sia il mezzo per giungere alla comunicazione con Dio.

La scelta del linguaggio fortemente barocco, ma privo di inutili astrusità o oscurità intellettualoidi, è speculare alle intenzioni dell'autore. Il protagonista di questo poema muore spiritualmente e corporalmente per eccesso di carne (uso il termine in senso teologico), è la sovrabbondanza che lo tiene prigioniero e lo soffoca; così come la sovrabbondanza lessicale finirebbe per generare il rigetto e sollecitare il progredire dell'afasia. Da questa constatazione nasce la necessità di far affluire tutte insieme le parole che devono essere dette, di farle passare attraverso il collo di bottiglia della pagina che si mette a ribollire e a gorgogliare, spargendo spruzzi e creando ingorghi. L'impressione che se ne ricava è quella di un malessere psichico e fisico che coglie il lettore impreparato perché, a tratti, egli può pensare di abbandonarsi all'onda titillante di un divertimento erotico, quando invece tutto concorre a rendere l'atto sessuale stomachevole, ributtante, ancorché ineluttabile. Ma, a mio avviso, il linguaggio così adoperato e manipolato, apre alla poesia infinite possibilità espressive, che girano su piani diversi dall'asettico intellettualismo, perché ricercano negli umori e nella linfa della realtà quotidiana la sua propria ragion d'essere.

Non mi sono adoperato in un'analisi distinta e comparata delle due opere prese in esame, perché questo richiederebbe tempo e capacità critiche che forse non ho. Ma ho cercato solo di evidenziare la linea di fondo, che rimane la stessa pur con i dovuti distinguo: semmai Priaposodomomachia può considerarsi un'appendice, una propaggine, quasi il corollario ai Torbidi amorosi labirinti. Se vi è un pericolo (ma l'abilità con cui Scarselli riesce a trattare il linguaggio e adattarlo alle sue esigenze espressive penso possa salvarlo), è quello di infilarsi nel cul de sac della "ripetizione". Ma mi pare che egli possegga la forza e la carica necessarie per uscire dal tunnel e addentrarsi in altri "labirinti" anche se non "torbidi" e non "amorosi".

Questa nota non ha la pretesa di un giudizio critico, ma vuole essere l'attestazione di stima e fiducia verso una voce "nuova" e sicuramente non malleabile del nostro affollato ma non pregnante panorama poetico.

Recensione
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