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La telefonista
di Nunzio Malasomma (1932).
Raccontare questo film è raccontare un’epoca e il suo regista, Nunzio Malasomma,
che nasce a Caserta nel 1894. Ingegnere, si dedica presto però al cinema e alla
sceneggiatura (scriverà gran parte dei film che andrà a girare) e dirigerà nel
1920 la rivista indipendente “Fortunio”, mentre si forma fra i collaboratori del
giornale di U. Ugoletti titolato «Cronache dell'attualità cinematografica».
Sempre nel 1920
collabora alla regia, ma nel 1924, a causa della crisi dell'industria
cinematografica italiana, Malasomma, come molti suoi colleghi, decide di
trasferirsi in Germania divenendo un importante esponente della colonia italiana
nella Berlino di Weimar.
Tornerà
in Italia nel 1931
con l'avvento del sonoro per girare con la Cines il poliziesco“L'uomo
dall'artiglio”, dal romanzo di G.E. Eis e R. Katscher, interpretato da Paola
Dria ed E. Steiner. L’anno successivo, esordirà nel genere che doveva
dimostrarsi, però, a lui più congeniale, il comico-sentimentale, realizzando La
telefonista, una garbata commedia degli equivoci che ottenne un buon successo
anche grazie ai protagonisti Isa Pola e Sergio Tofano, e che fu, tra l’altro, la
prima pellicola italiana con orchestra jazz. Negli anni ’30 e ’40 Nunzio
Malasomma diventerà uno dei registi dei cosiddetti «film dei telefoni bianchi».
Dirigerà poi nel ’34 La
cieca di Sorrento, che segna l'esordio di Anna Magnani nel cinema,
a cui seguiranno una serie di commedie brillanti interpretate da Armando
Falconi, Vittorio De Sica e Amedeo Nazzari. Collaborerà con S. Amidei per
Cose dell'altro mondo (1939)
e Giungla
(1942).
La sua produzione arriva fino agli anni ’60 con una serie
di commedie e melodrammi convenzionali, come
Adorabili e bugiarde (1958) e
La
rivolta degli schiavi (1960).
Nel corso di una carriera durata quasi mezzo secolo, divisa tra Italia e
Germania, Malasomma è riuscito ad affrontare con maestria il cinema di genere in
tutte le sue espressioni, e, fra i registi dei "telefoni bianchi", fu uno fra i
migliori della commedia di matrice teatrale. Pur avendo inseguito costantemente
il gusto del pubblico, rimpianse, tuttavia, di non essere mai stato messo in
condizione, almeno in Italia, di girare film che non fossero di costume.
La
telefonista di Nunzio Malasomma, tratto da un racconto di Herbert
Rosenfeld, è quindi, un gradevole esempio di commedia popolare anni '30 prodotta
dall'allora potente Cines-Pittalunga che, proprio in quel periodo, risolleva le
sorti del cinema nazionale anche grazie alla qualità dell’innovazione tecnica
che riesce a ottenere dai suoi operatori. Non dimentichiamo che il debutto
cinematografico sonoro italiano era però avvenuto due anni prima con il film “La
canzone dell'amore” di Gennaro Righelli. La telefonista, rende tutto
il sapore e la spensieratezza dei film del periodo (“Gli uomini che
mascalzoni…" di Camerini) dove al centro dell'intreccio ci sono le vite
quotidiane della popolazione italiana del periodo, con i loro amori e le
difficoltà quotidiane, tutto affrontato con grande strumentale positività, in
quanto fenomeno comunque di propaganda della nuova Italia del regime. Motivo
dominante della pellicola è anche la musica che torna più volte con due celebri
motivi all'epoca molto apprezzati: il cinema italiano era diventato finalmente
sonoro e doveva dimostrare al cinema d’oltralpe la sua maestria in questo
momento di grande innovazione.
Alcune sequenze del film, non mancheranno di
farci ricordare i musical americani dei primi anni '30.
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Recensione |
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