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Opera seconda con
un’articolazione in cui soltanto in taluni casi si scorge una cronologia: si è
parlato a volte di atemporalità, e forse in questa dimensione, essendo le date
sul medesimo piano, si scorge l’assoluto di un’opera d’arte.
La memoria
rievoca nella sezione Familiari ciò che è stato tramandato e lo fa
proprio, unendo in un luogo letterario e acronico gli affetti più profondi che
il segno-parola traduce in presenza viva.
Se poi si esamina
il lato creativo, la scrittura sale al livello più alto, specialmente con
Intimità, poemetti ove non conta la forma, per quanto i primi due (Notturno
e Per un poeta veneziano) siano di una certa lunghezza: è la tenuta
stilistica a rappresentare l’esito, rivelando nelle immagini l’universo
interiore, con particolari rivolti al passato, ma di nitida esecuzione: non
esiste qui un solo verso superfluo, poiché la fusione fra pensiero e ricordo si
realizza come umana e dolente elegia.
Né
insensibile si mostra la poetessa a culture assai lontane dalla nostra; ne è
esempio Cerchi rossi tra canti aztechi: luogo e tempo non contano, è
l’immedesimazione a prevalere, sviluppando l’idea metamorfica, tanto che ‘si fa
pietra l’acqua’ — gemma poetica che, pur estratta dal contesto del significato,
splende di luce propria.
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Recensione |
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