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Narrativa. Scrittore dotato di solido mestiere, Insardi sa usare la prosa anche
nelle forme più avanzate, per esempio nel discorso diretto. Sotto uno stile
piano e accattivante si presume però lo strato profondo: non sempre la
religiosità è disgiunta dalla superstizione. I simboli (p. 26) a volte
condizionano veramente. I piani narrativi qui si intrecciano tra fasi oniriche e
realtà, come nel capitolo ‘Il doppio sogno di Mario’ (cfr. A. Schnitzler).
Inquietudini generate dalla numerologia – che pure nel Cristianesimo ha qualche
referenza – e da taluni pregiudizi: quello del gatto nero pare avere origini
medievali. L’autore sa non solo attrarre il lettore, ma lo fa divertire, ed è
questo uno dei pregi maggiori di chi scrive. Come pezzo particolarmente riuscito
citiamo ‘Incontro col confessore’. La vicenda si chiude con un ‘lieto fine’ che
fa svanire i nefasti presagi.
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Recensione |
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