| |
Ketty Daneo.
Poesie scelte (1950-1992)
Poesia e
saggistica. La figura di questa poetessa, nata e Trieste nel 1908 e morta nella
stessa città nel 1998, esce a tutto tondo in questo saggio con forma anche
antologica, che accompagna il lettore attraverso la produzione della Daneo, dopo
quasi venti anni dalla sua scomparsa. Aveva iniziato negli anni quaranta del
secolo scorso esordendo a Radio Trieste, radio che poi mandò in onda altri
lavori, tra cui commedie e fiabe per ragazzi, oltre a un testo drammatico.
Il
suo vero nome era Enrica Bon, Ketty il nome d’arte e il cognome ripreso dal
marito, apprezzato pittore deceduto nel 1978. La sua poesia già si identifica da
un vocabolo (limio), segno di una raffinata resa semantica, dove il
linguaggio appare al servizio del significato, trasferito sul piano della
creatività. Ne La memoria di San Sabba persino la natura, definita con
aggettivi che connotano fortemente il testo, sembra rimandare l’orrore: “Qui le
albe brumali | si trascinano pigre | sul loro viscido umore”.
Sorretta quindi da
una forte carica umana, la poetessa però possiede un’agguerrita capacità
formale, rilevabile dagli endecasillabi nella composizione dedicata al marito,
dove a fenomeni metrici inusuali come la dialefe, si riscontra il caso di diesinalefe: “dal suo inesauribile fermento”. Col passare degli anni la poetica
della Daneo mantiene una rilevante forza icastica: “Piovvero fiori di fuoco e
rosse comete” (Autunno rosso), e la morte del marito fa vibrare in
profondità le corde del sentimento, tra rievocazione ed elegia.
Di fronte poi a
particolari condizioni anche la parola si fa più oggettiva, come in Maddalena
risorta riferita a una ragazza schizofrenica. La Daneo è stata amica
dell’autrice di questo saggio, pure lei poetessa grazie al fortunato incontro
(una poesia della Olivo Fusco dedicata all’amica si trova a p. 121): un’opera
necessaria per comprendere un dato periodo letterario e per la riproposta di una
poetessa di indubbio valore e da non dimenticare.
| |
|
Recensione |
|