| |
Narrativa. La riscoperta di questa dotata scrittrice si
deve, in Italia, alla casa editrice Adelphi. Irène Némirovsky nasce a Kiev nel
1903, fugge dalla rivoluzione russa e pubblica il primo romanzo (L’equivoco)
ad appena vent’anni. Essendo di famiglia ebraica, e poiché in Francia si sta
diffondendo l’antisemitismo, si converte al cristianesimo. Precauzione inutile,
infatti nel 1942 finisce deportata nel campo di sterminio di Birkenau, ove muore
il 17 agosto. Questo racconto apparve nel dicembre 1935 sul settimanale
Gringoire (di tendenza antisemita) ed è stato direttamente tradotto. Uno dei
punti-chiave qui è la giustizia: “Avere pietà non è nel mio ruolo” dice a un
certo punto il procuratore. Giustizia senza pietà? pietà senza giustizia?
L’accusato sarà condannato a morte, e poi graziato. Il procuratore, minato da un
male incurabile, obbedisce quindi al proprio ruolo o per vendicarsi della
vita che gli sfugge? Nella molteplicità di interpretazioni sta il fascino della
scrittura.
| |
 |
Recensione |
|