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Moving life. Avvicinamento a Natura morta di Paolo Ruffilli

Saggistica. Per quanto propensi a focalizzare una particolare raccolta di aforismi e frammenti, occorre tener presente la produzione di Ruffilli che si colloca tra i due secoli con un’autorità rivelata attraverso la personale interpretazione o ipotesi della poesia, non più soggetta a determinate formule, liriche o meno, ma addensando significati che di volta in volta vanno considerati e valutati — valutazione parziale sul dato strettamente estetico, semmai sulle idee, campo congeniale al poeta: ed è un arco temporale di quasi mezzo secolo.

Non è nostra intenzione fare una critica sulla critica o un saggio sul saggio, semmai notando alcuni aspetti che cercano intanto di adeguarsi all’elevato linguaggio adottato dalla Brizio, tentando in ogni caso di rapportarlo a un livello meno specialistico, senza tuttavia cedere alla banalità di certe osservazioni. Uno dei primi quesiti che la lettura del saggio suscita è la fisiologia dell’amore, come se una finzione fosse possibile anche in un eventuale inganno – della coscienza e dei sensi – senza però poter dominare la ‘materia’ amorosa per definirne gli esatti contorni o l’istintiva meccanica cui soggiace.

Se davvero l’amore venisse ‘dominato’ non si spiegano le cadute che si perpetuano nel tempo. Ruffilli sembra aderirvi secondo la formula della soggettività dirompente, con quale forza visionaria o lucida intuizione non sempre ci è dato sapere. Per quanto si voglia sviscerare ciò che gli aforismi dicono e talora impongono, non si è mai esenti da un dubbio, di fronte a enunciazioni che rischiano di divenire dogmatiche, ancorché questo non sia nelle intenzioni del poeta, il quale vorrebbe, stando alla saggista, oggettivare uno stato metamorfico, quasi volendo con ciò rendere oggettivo quel che per sua natura è alquanto soggettivo, in caso contrario rientrerebbe in una forma immutabile o immota, e perciò più vulnerabile.

Sia sufficiente esaminare le idee di Schelling sulla musica, che sembrano capovolgere i concetti kantiani facendo uscire il suono dalla sua fisicità priva di senso. Potrebbe darsi che l’indicazione che “qualcosa può al tempo stesso essere e non essere” prefiguri la concezione di un dio onnipotente. Quel frammento di mistero che anche la poetica di Ruffilli racchiude è, se vogliamo, una prova e al tempo stesso un punto fermo raggiunto.

Recensione
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