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Navicello
Etrusco. Per il mare di Piombino
Poesia. Vi sono
regioni come la Toscana che conservano antiche vestigia, nel caso dell’Etruria,
il cui fascino si è trasmesso nel tempo: solo dopo diversi tentativi si è
riusciti a decifrare la scrittura etrusca.
I luoghi in fondo conservano tracce
non solo fisiche di quelle antiche civiltà, è come un’aura spirituale che va
oltre le cose, e la poesia riesce proprio a captare le sensazioni che ne
derivano. Nello stesso tempo però, e ci riferiamo in modo particolare alla
poetica di Mosi, ne risulta un’aderenza alla realtà intesa a decifrare o
descrivere le cose come sono, ad esempio oggi: “La spiaggia si è riempita | di
squillanti ombrelloni | di asciugamani colorati | di giochi di bambini”. Possono
sembrare immagini distanti fra loro, ma certi particolari indicano che nella
materia vive lo spirito nella pienezza delle sue accezioni.
Tutto si
moltiplica e si rinnova, eppure un comune denominatore sembra avvicinare il
passato al presente creando quei vincoli che il tempo non riesce a spezzare.
Citiamo per la sua originalità la poesia che ricordando una tragedia del mare
inserisce terzine dallo Stabat Mater di Jacopone. L’autore sa mediare tra
le diverse epoche e rendere il mito (ma fino a che punto mito?) immagine
viva, quasi a voler dire che nulla si distrugge e la poesia è in grado di
mantenere la memoria, anzi, le memorie. In appendice al volume un’ampia
informazione di carattere storico sul tema della silloge.
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Recensione |
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