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Poesia. C’è un dato significativo nella vicenda poetica del Di Lena, ossia il luogo di nascita, Pisticci, in provincia di Matera. Terra bellissima, la Lucania è stata per diverso tempo una delle regioni più ‘povere’ in senso materiale, ma non certo per la cultura (è nota la recente rivalutazione a livello internazione), avendo dato la nascita a fior fiore di poeti, scrittori e musicisti.

Dovendo ‘etichettare’, verbo dal quale per naturale inclinazione rifuggiamo, la poesia del Nostro può venire inserita in quel filone civile che antepone il carattere generale, vale a dire l’emancipazione, ai fatti individuali. Non che questi ultimi manchino nelle oltre trenta composizioni della raccolta, e anche l’attaccamento alla propria terra, come coscienza distintiva, ma sopra tutto quale elemento che tocca davvero la profondità del sentimento e il segno di una appartenenza che non può venir disattesa.

Si tenga pur conto dell’età del Di Lena, nato nel 1958: una generazione dopo quella prebellica, quindi a contatto con realtà diverse, spesso in divenire, fino a una progressiva corrosione dello stato sociale. C’è in questa poetica una qualità morale che ne rappresenta tout court l’elemento definitivo e non rinviabile, proprio per il momento storico che stiamo vivendo.

Il poeta riesce dunque a vedere oltre le apparenze di un benessere tutto da dimostrare, per lui il silenzio è clamoroso, nasconde probabilmente insidie, rivela il non detto. Ci sono due versi, memorabili e terribili, di un mondo in perenne conflitto e costantemente soggetto alla distruzione, allorché chi nasce è già postumo: “Le donne di Aleppo, anche oggi, | partoriscono altri morti” (Verso mete indecise).

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