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Presentazione a
Il realismo della luce
di Giovanni Sato
la
Scheda del
libro

Luciano Nanni
È sempre la luce a costituire un centro dal quale si
irradia l’ispirazione poetica che, nel presente caso, nasce da stimoli visivi:
trenta foto, momenti di realtà, a volte trasformata con accorgimenti tecnici, ma
ugualmente segno della presenza umana e del suo estendersi nel paesaggio,
artificiale o naturale che sia.
Di ogni foto l’autore ha saputo coglierne la sostanza,
moltiplicata quindi dalla parola, e a sua volta riflessa, che rimanda per
induzione, come in un continuo di specchi, significati e tratti emotivi.
Sato si trova – in qualità di poeta e cultore di
fotografia – in un punto privilegiato di convergenza: senza rinunciare alla
tradizione, spinge lo sguardo in avanti, verso orizzonti che sorgono dall’intimo
e si propagano poi nella miriade di aspetti di cui è intessuta la vita.
Volendo, pur rapidamente, segnalare un’indubbia
acquisizione di maturità formale, va citato l’impianto strofico dei testi,
spesso per terzine (Venezia), distici (Impronte), quartine (Marea),
che si dispongono in modo armonioso, consegnando al lettore le soluzioni di un
movimento versale ove spiccano metri e ritmi, come i quinari di La prima luce
o i doppi senari di Marea che sembrano seguire il flusso delle onde.
Pure il lessico attinge a raffinati riporti: ruina (Inverno)
che rima a chiasmo con brina; occàso (Tulipani); l’univerbazione
Acquacielo, e altri. In Musicista di strada – qui si rivela la
passione per il mondo dei suoni che a volte traspare – un esempio di
enantiosemia: sarabanda.
Ovviamente, le pur notevoli capacità esecutive non devono
mettere in ombra i contenuti, semmai li arricchiscono in uno stile ‘globale’ che
fonde i vari elementi, evidenziando di ciascuno la funzione espressiva.
La natura si delinea al di là del panorama urbano (Il
Ponte) da cui s’intravede il passaggio ulteriore: il suo richiamo svela
suggestive immagini (Il Bosco Chiaro), e la misteriosa vastità del buio
ne suggerisce le sembianze poiché ‘conosce tutti i tuoi pensieri’ (Mare di
notte). Da questi pur imponenti scenari nasce il presupposto di uno spazio
infinito, tanto che Il Senso della luce potrebbe venir definita poesia
cosmica, percorsa però la lievi coloriture ‘d’aurora dita rosate’ che rendono
più vicine le sideree lontananze.
Con ciò si comprende che Sato sa ‘adeguarsi’ all’immagine
per rilevarne il peculiare messaggio, e non si limita perciò a una semplice
illustrazione, ma riesce perfino a calarsi in altre identità (Il mio volto è
qui), mantenendo la separazione che distingue il proprio essere ‘qui e ora’
secondo quella cifra stilistica che è sinonimo di unicità.
Il fascino per un luogo d’arte qual è Venezia, l’amore
per la Donna, la revêrie che corrisponde al dettato e lo connota con un
linguaggio personale, l’identificarsi nelle cose ‘dimenticando di essere quel
che si è’ (Il volo), perché l’acqua non ha pensieri e il sogno proviene
dalla profondità — ecco altri temi specifici.
Poi ci sono momenti soffusi di tenerezza (Sarà per
vederti ancora), percezione di dimensioni altre (Sogno) di fronte a
figure che si deteriorano: il dato concreto ne è trasfigurato, e prevale lo
splendore dell’idea, che annulla le contingenze fisiche per approdare a regni di
fantasia, a quella parte d’infanzia ora preclusa ma non obliata (Pinocchio).
Testo senz’altro
importante è L’inganno dei sensi: prefigurando un territorio remoto ‘di
torri segnatempo’ penetra i numerosi spunti – emotivi, descrittivi, intuitivi –
del decorso verbale: un ‘gioco’ sfaccettato come l’esistenza dove ‘tutto scorre’
e alla fine non lascia apparentemente tracce, solo un vago sentore, effimere e
intraducibili sensazioni di un ciclo non compiuto; proprio in questo universo
indefinito sta il significato: sogno e realtà si ritrovano nell’atto poetico per
trasmettersi dall’uno al molteplice, inestinguibile voce dello spirito.
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Materiale |
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