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Il sandalo di Nefertari

La pubblicazione di una nuova raccolta di poesie di Rossano Onano – medico psicoanalista di Reggio Emilia e celebrato poeta fantasmatico – era ormai fortemente attesa dai suoi numerosi ammiratori. E benché io sia fra quelli che hanno avuto la sorte di conoscerlo e di scrivere di lui fin dai suoi esordi (ricordo di aver condiviso con Gillo Dorfles e con lui un premio di poesia a Paestum), l'acquisizione di una copia di questa sua raccolta poetica si è rivelata particolarmente laboriosa e il poeta stesso ha dovuto intervenire personalmente in soccorso. In effetti la poesia di Onano costituisce quasi sempre una lettura perturbante, talora perfino terrificante. Ricordo fra queste ultime una sua poesia impossibile da dimenticare in cui viene presentata, seduta con amici al tavolino di un bar, una attraente signora elegantissima e impellicciata che però al momento del congedo si rivela essere – paradossalmente – una seducente ma pur sempre temibile tigre!

L'attuale raccolta poetica è invece bene organizzata con 19 + 19 = 38 brevi e medie composizioni di vario stile, titolo, metrica, argomento, lunghezza, ambientazione in luoghi e tempi diversi e che lasciano ogni volta nel lettore un'impronta varia ma sempre sorprendente. Insomma un caos organizzato. Il testo del componimento che fa da apertura e titolo a tutta la raccolta è infatti praticamente inesistente, evasivo. Si tratta infatti di una avvertenza in corsivo secondo cui nella tomba della principessa Nefertari si è rinvenuto soltanto un sandalo di cui si sa che fu fatto confezionare dal marito Ramesse con fili d'oro e con l'infradito. Però il poetico continua a restare avvolto di mistero. Per esempio le cinque righe successive (p. 7) intitolate 2014 – cioè quasi un presente bucolico – si concludono in una “migrazione “ di “lenti animali da tana” ove “il sonno sarà lungo, senza abbagli”. Ma anche il titolo notarile (p. 11) fa bene intendere l'aspetto ironicamente conclusivo di questa “promessa di deserto”, di questo congedo: “l'ultimo / vitello grasso, la speranza, le concubine”.

E' ben difficile anche solo per tratti delineare la ricchezza e la varietà dei temi, dei personaggi e delle culture fatti rivivere da Onano in questo straricco libretto. A p. 33, per esempio, c'è una “fabula” che racconta – col riso e col pianto - “un amore molto difficile, fra un orso / marsicano e la lupa d'appennino, / espulsa dal branco per l'irregolare / precipizio degli estri... L'animale composito... ruba la merenda dalla cesta dei bambini.” Ma poi con slancio si racconta (p. 39) anche delle nacchere di Hamelin: che così conclude: “Tutto, ma non questo suono di piffero / acuto, continuo sulla savana fiorita / e deserta, voce di cellulare che chiama / e io non rispondo, dove sono le nacchere?, io / non rispondo fino a quando, fino a quando.” Di fatto quasi ogni pagina di questo geniale libretto è prova di estrosità, di fantasia e di capacità creativa. Non posso per esempio tacere di un poemetto di due pagine (pp. 53-55) in cui Lev Tolstoj interroga la Matrioska dall'ampia cintura con la quale giocava da bambino: “sarò espulso presto da te, Matrioska / dall'ampia cintura, che contiene / colei che contiene la contenente / che contiene la contenente impavida / oppure tremante, aspetta l'alba ghiacciata / dell'implosione...”.

Recensione
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