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Il ventre di Gravenbürden

La biografia
Il saggio di Walter Nesti

Cap. XXII
da Appunti sull'emigrazione

La prima sosta fu a Gravelorèn, il prete fermò la macchina in un povero sobborgo ed entrammo in un recinto ingombro di legname. Era la segheria Rebensberg, ma apparteneva anche quella al Greuling–Konzern. Molte di quelle assi, sovrapposte e spazieggiate, conservavano il profilo del tronco originario. Eran le belle foreste del Bürdenland che se n'andavano.

Poco dopo l'ingresso, in un terreno fangoso e crivellato di pozzanghere, due cani lupo stavano accovacciati dietro reti metalliche, un frammezzo li spartiva. Che bei cani, dissi, e uno era veramente bello, poderoso, pezzato di nero, con una grossa testa da sambernardo. Ma appena si vide osservato il cane s'alzò e latrò minacciosamente. Anche l'altro cane s'alzò e prese ad abbaiare spiccando balzi sempre più furiosi. Indietreggiai, ma il prete non ci fece caso. Sicuro, le gambe svelte e la schiena diritta, si muoveva già tra il labirinto delle cataste.

Lo seguii mentre i due cani continuavano ad abbaiare. Passammo davanti a un mucchio di legni e di trucioli che bruciavano piano fumigando sotto la pioggia. Il prete si diresse al baraccamento e entrò senza bussare, si capiva che in quell'ambiente era di casa. Dentro, in una stanza che ricordava una misera osteria delle campagne romane, c'era un gruppo di gente. Un uomo ritto faceva la barba a un altro seduto. Su una panca, al di là d'una lunga tavola, sedevano altre tre persone, una donna grassa dal viso ottuso e fermo, e due uomini, uno di qua e uno di là, tutt'è tre davanti a bicchieri di vino e a bottiglie vuote. Da uno degli usci entrarono altri due operai, avevano capelli grigi e corti, facce scimmiesche, quasi idiote. Vedendo il prete sorrisero stupidamente accennando mezzi inchini.

Il prete disse – avete ricevuto il foglio. Sì o no? L'avete? Ve l'hanno distribuito?. – Quello che si faceva radere la barba levò la faccia a metà insaponata, i due idioti abbozzarono ancora un timido inchino, gli altri si guardarono e la donna grassa restò immota. – Beh, disse il prete, domattina c'è la messa per quel poverino, alla Frauenkirche, a Derendingen. Voi lo sapete dov'è la Frauenkirche, vero?

– Prete – disse l'uomo che si faceva la barba – Dio... – e tirò giù una bestemmia, il barbiere gli fece un ammicco indicandogli il prete, l'uomo balbettò parole confuse e disse ancora – Dio... – ma il prete non gli badava più, aveva voltato le spalle e energico, sbrigativo come sempre, era entrato nella stanza accanto.

C'eran molti giovanotti, la stanza era lunga e stretta con tanti lettini a tubature di ferro, accostati quasi a toccarsi, coperte di lana grigia, macchiate, disfatte, e ai muri ritagli di fotogiornali, cartoline, dive, fanciulle in costume da bagno, eroi dello sport...

– V'hanno avvertito che domani c'è la messa alla Frauenkirche di Derendingen? V'hanno dato il foglio?

I giovanotti si voltarono. – Che? – disse uno – La messa alla Frauenkirche? Come?

– Ecco il foglio – disse il prete cavandosi di tasca un foglio ciclostilato –Leggete. E' per quel poverino, un vostro compagno in fondo.

– Chi?

– Quello di Sinegura.

–Di...?

– Un paese vicino a Caltanissetta.

– E dov'è?

– In Sicilia.

– E ci voleva tanto a dirlo, prete, che era un siciliano? – Uno delle terre matte, un terrone – disse un altro che beveva a una bottiglia.

– Già, proprio – disse il prete – uno delle terre che ti mandan codesto vino, perché al tuo paese, su quei monti sopra Cencenighe, li conosco bene io quei monti, se loro, i terroni, non vi mandassero codesto vino morireste di sete.

– No, vino francese è, di quelli che si fanno qui con la presa, per i poveracci. I vini italiani ve li bevete voi al consolato. O birra o questo vino, non c'è altro per noi, e così si va in culo al mondo.

Il prete gli fece un gesto seccato, si volse agli altri – Ora avete il foglio, lo sapete ora, domattina alla Frauenkirche, alle 10. Era un vostro compagno, ricordatevi.

– Di che Firma era?

– Del Greuling–Konzern, agli altiforni, otto giorni fa... Non ne avete sentito parlare? Ne parlavano anche i muri. Otto giorni fa, quel caso, sì...

– Noi siamo della segheria Rebensberg...

– E' anche quella del Greuling–Konzern... e poi gli altiforni non sono a casa il diavolo, sono a Derendingen, pochi chilometri... Chi è lui? E'... è un nuovo impiegato dell'Assistenza, verrà ancora a trovarvi e se avete bisogno potete rivolgervi anche a lui... Io devo andare, arrivederci. E tu non bere, aspetta a domani.

Quello sciabordò la bottiglia in faccia al prete. – Il vino è buono anche oggi. Sente?

Era di nuovo nella prima stanza, io gli stavo dietro, ancora confuso da quel ruolo d'impiegato che egli m'aveva accollato alla svelta, ma il prete non badava a me.

– Allora siamo intesi, domani alle 10 alla Frauenkirche di Derendingen, ecco il foglio anche per voi, messa di suffragio per quel poverino degli altiforni, un vostro compagno in fondo... Arrivederci.

– Prete – disse l'uomo che si faceva la barba e s'alzò e gli andò incontro –Dio... – era piccolo, magro, quasi calvo, mezza faccia rasata e mezza insaponata – io... – e stese la mano, barcollava io me ne frego di lui e della Sicilia, non m'acchiappi con le tue storielle, prete, non la bevo io, dio... –e afferrò dal tavolo una bottiglia vuota.

Il prete era già uscito, camminava col suo passo agile tra le cataste di legname, la schiena diritta, giovanile, quasi elegante.

Scansando le longarine e le pozzanghere io stentavo a tenergli dietro.

– Prete – si senti gridare di nuovo, e l'uomo piccolo dalla faccia mezza insaponata uscì dalla baracca brandendo la bottiglia vuota – prete, vien qua, ascoltami... dio... – ma traballò e cadde nel fango, gli altri corsero dalla baracca a raccattarlo, a riportarlo dentro. Tutto infangato l'ometto smaniava e si divincolava brandendo sempre la bottiglia vuota –Vent'anni che comandate voi... vent'anni... e qua... noi... dio...

I due idioti, fermi sull'ingresso, sorridevano e abbozzavano inchini verso il prete ch'era già lontano. I due cani latravano.

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