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Gensis

Le poesie della raccolta “Genesis” di M. T. Liuzzo presentano versi liberi e spesso molto brevi ( come i ternari ), che scorrono fitti, senza distendersi in pause descrittive, contemplative, evocative …

I normali ordini logici della realtà vi appaiono sconvolti e i dati del reale vengono trasferiti in fantasmagorie che si dilungano come ardite visioni surrealistiche. Si legge, ad esempio, “Tra labirinti / d’ombra / salire vedo / scarabeo di luce / dove angoscioso lacrima / tremore di ramo / e tempo” . Oppure “ la bianca  

strada /è un penzolare d’ombre / nella sera” … “Il carbone / sfarinarsi avverto / dalla chioma del nulla, /frantumarsi / come schiera d’ali” …

Non è agevole seguire l’autrice nei suoi soliloqui; si può andare alla ricerca, nel diffuso metaforismo, del sostrato umano di tale poesia. Si scoprono così gli aspetti d’una condizione dolorante e smarrita. “Smarrita mi ritrovo / in quest’umano abisso “ dichiara, infatti, la Liuzzo, la quale, tra l’altro, è particolarmente angustiata dal “dramma” del tempo: “Lapidati siamo / dalla pietra degli anni.” Lo definisce “assurdo” e ne soffre le ferite delle lacerazioni, interruzioni, cedimenti, che esso produce nella vita umana, lasciando, alfine, dietro di sé, macerie e “ossame” di morte.

Amara è la confessione che riguarda le dolorose vicende private: “Ho allestito / una piramide di lacrime /

per seppellirci / il battito eterno / dei ricordi, / il sangue amaro dei giorni / che ho bevuto e donato / agli eventi e alle ombre.” Sono sofferenze fisiche e spirituali inferte dalle avversità, e andate invano disperse …

Liuzzo ha visto i progetti ridursi a mere utopie, e di queste – dice- “tra le dita / mi è rimasta / una farfalla di polvere.” Difatti “vacillano i sogni / nel deserto della vita” ; essi si possono ritrovare soltanto risalendo ai “giacigli d’infanzia.”

Lo sguardo della poetessa, che tralascia per un poco il suo io, si sofferma sulle storture del nostro tempo, in cui gli uomini si sono allontanati dalla natura, “ da aquiloni e mondi verdi” ; hanno rinunciato alla spontaneità, alla libera fantasia, al silenzio. Essi vivono in un mondo artefatto, dominato dalla tecnica e da “videogiochi, robot, violenza” , tanto che “tutto è contorto e gelido / in questo prisma d’avaria meccanica / dove la scienza insegue la “Sapienza”, / in quest’umano teatro da burla / dove l’essere non è che misera protesi / nella satira crudele dei bulloni.”

Hanno risalto, in alcune poesie, tragiche vicende storiche contemporanee, come quelle che si riferiscono alla guerra in Cecenia ( “Semina oscura” ), all’assassinio di Y. Rabin ( “Israele” ) o agli “Orfani in Ruanda” …

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Sia il traduttore Peter Russell, sia il prefatore Mauro Decastelli non possono non considerare l’angoscia esistenziale manifestata da M.T. Liuzzo. Scrive Russell che per nove decimi “ il libro ci dice la storia di un’anima quasi completamente schiacciata e annullata dalla vita.” E Decastelli scrive che “Genesis” è ampia metafora della presenza oscura della vita.”

Ma entrambi riscontrano anche la volontà di pervenire, al di là della “denuncia terribile”, alla speranza, alla fede, alla grazia …                                          

Decastelli, anzi, riconosce alla poetessa l’ambizione di “trasformare l’ombra, l’abito di cenere dell’uomo, il gelo della scomparsa, in ricca linfa interiore.”

In effetti, anche se non in maniera esplicita e continuativa, ma con sporadiche aperture dentro la caligine, e, pur sempre metaforicamente, compare il desiderio dell’alba che “le anime risveglia / come miracolo nascente” , e della “luce del mattino / per attingere il riposo della quiete”.

La poetessa confessa: “Seguii / fioritura di mandorli / ai confini dell’invisibile / tra prati mentali” … E sono mandorli e prati primaverili, dai quali poter ricevere ristoro per i giorni malati di malinconia; e quiete per la mente, che così spesso si riavvolge su se stessa con i suoi dubbi, ansie, assilli … Confessa ancora di aver atteso che “il tramonto / ritornasse alba / e la tempesta quiete / nella gloria della luce” …

Una luce propizia per l’elevarsi dell’anima sino all’invisibile, all’eterno, al divino; per raggiungere una nuova genesi, una nuova nascita, oltre l’insidia delle ombre.

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Le ampie “Note biografiche e bibliografiche”, in fondo al volume, indicano M. T. Liuzzo nativa di Saline di Montebello Ionico e residente a Reggio di Calabria, dove si è formata culturalmente; nel 1970 ha pubblicato la sua prima lirica. Vengono elencate le varie sillogi di poesie finora pubblicate. “Genesis” è stata preceduta da “L’ombra non supera la luce” (2006). Sono anche riportati i diversi riconoscimenti ottenuti, come tre Premi alla Cultura, conferiti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, come pure le numerose “Opere di critica letteraria che segnalano la poesia di M. T. Liuzzo”, i saggi e le recensioni italiane, rumene e dagli U.S.A.

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