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Negli anni
Clua Edizioni, Ancona 2007
Sera
I rubini per poco hanno
brillato
sui vetri delle case della
rada,
sugli oblò della nave e
sulla prora
che va verso la notte…
I pensieri serotini
s’appannano
all’offuscarsi rapido del
mare.
Alla riva sassosa, la
maretta
sciaborda lamentosa;
all’aspra sponda
ribatte del presente.
Tra gli scogli
Con sulle ali il velo della
sera
un uccello che indugia,
sfiora il lido
e penetra con l’ombra tra
gli scogli.
Davanti alla scogliera del
mistero,
dall’orlo d’ogni crepa viene
un buio
richiamo ad inoltrarci,
insonne come il mare.
Nel porto, a sera
Nel porto, di lontano,
questa sera,
il bacino appartato è come
un occhio
aperto ancora e che un poco
riluce:
sembra, tra il bruno, glauco
ed assorto.
Ma quanto più m’appresso, mi
rivela
un’intesa funerea col
grand’occhio
occiduo, che si spegne lì di
fronte.
A notte
Una placida notte fascia il
porto
dove nel nero dell’acqua,
compatto,
luci riflesse scendono
dai moli silenziosi,
come pali sbiaditi,
su cui poggia
quest’effimera sosta delle
navi.
Rassegnazione
Ogni cosa negata, scabra
roccia
sembrava; e quale onda che
si gonfia,
più volte vi s’infranse il
desiderio.
E’ rimasta la rupe
insuperabile.
Nella grigiastra fissità
dell’alba
diviene liscio il mare;
ed ogni giorno,
su cui sirene chinano la
fronte.
Nel segreto
Mare assolato e immobile,
sebbene
all’incavata roccia puoi
sorprenderlo
in ripetuti scrosci.
Allegrezze improvvise o
ascoso pianto ?
Specchio
Traslucido lo specchio,
presso il lido,
fa vedere la chioma
folta dell’alghe, immobile
sopra la fronte di scogli
segnati
dall’antico tormento.
Possa a lungo così
mantenersi lo specchio
che rende del mio viso,
tersa, pacificata la figura.
Il tremolìo non scenda delle
ombre
di ali che precedono
le nubi di tempesta.
Barche
Ferme le barche sull’acqua
verdiccia;
le alghe hanno intessuto,
sul fondale,
una soffice bara per
un’èlica.
L’arsenale si macchia
di fumo; ma la foga
dei martelli dirada, poi si
spegne.
Come le rare vele
d’arancione sbiadito
s’afflosciano le ore.
Fa ritorno la brezza,
solleticando l’acqua
e di brillanti rapidi la
copre:
un inquieto riverbero
sfarfalla
su una rossastra prora
rivolta alla partenza.
Riflessi non arrivano sui
fianchi
di vecchie barche in secco,
nerastre, ripiegate
in misero abbandono.
Il fanciullo mirava
Il fanciullo mirava sulla
rada,
sospeso nel sereno
ritornato,
delle ineguali nuvole
superstiti
stendersi un arcipelago
fiammante.
Ma si disanimava, ignaro,
all’ombra
che presto dissolveva ogni
parvenza;
all’incupita effige degli
scogli,
petrigna, inesorabile
presenza.
Meteore
Dalla casa del tedio,
dall’angusta finestra,
scendere nella notte
vi vidi in lontananza
sull’indistinto lido,
meteore di luce.
Troppo fugaci strie
d’accensioni fantastiche
lasciavate sui vetri
polverosi,
sulle fredde pupille.
La riva
Mi invitava la riva.
Là si compiacque l’estro del
suo ardire.
Vi andavo per provare
delle ventate cenerine,
piene
di gabbiani e di salso,
il brivido, e dell’onde
impetuose all’assalto alla
scogliera.
Nei tramonti tranquilli, per
seguire
tarde vele che scivolano
violacee di foschia.
Poi si strinsero gli argini
in diniego;
il silenzio ristagna
là dove mi portava,
leggero il corso dei giorni,
alla riva.
Stanchi uccelli
Nel cielo vitreo, o giorni,
stanchi uccelli,
irrisoluto assisto al vostro
volo
che non più oltrepassa
la barriera di scogli.
Vi posate lì sopra,
neghittosi,
larve dentro la bruma, in
lunga riga,
dov’è solo, ciascuno.
Come blocco di bruma
S’è consumato il fuoco
d’avventura,
accennando rossore appena al
mare,
giunto a sera precoce che si
chiude.
Nessuno ha acceso il
lampeggìo del faro.
La visione opalina ora si
cangia,
da ogni lato, in un blocco
di bruma.
Questa entra fumando
dentro giornate uguali;
stanno carene cinte,
nell’incaglio,
dal silente tessuto delle
alghe.
Più non passa la nave
Si fonde al basso strato,
disadorna
la sera; lumi deboli
contornano
il porto divenuto di
catrame.
Dissecca ormai, in noi,
l’epoca nostra,
ogni utopia e il gioco della
mente
che in sé stesso ricresce ed
in sé crea
le lontananze mitiche che
attraggono.
Non passa più la nave Argo,
gonfia
la gran vela di vento
e di canti d’Orfeo
spirituali,
d’unanime ardimento…
Lo scafo disarmato
Strisciano sbuffi salsi
sulle vecchie
tegole lustre, il fumo
scarmigliando.
Uno sprazzo bianchiccio,
ecco dall’alto
si proietta su un borgo
della costa,
tra il nereggiante nembo che
svapóra.
Verdeggia come prato il mare
iroso.
Scricchiola sempre più,
logoro pèncola
l’albero dello scafo
disarmato.
Dopo la burrasca
Urlarono le gole delle onde,
schiumando alla scogliera,
nel gran vento;
sulla marina plumbea, ancora
turgida,
invitti uccelli scorrono
irridendo.
Sulla costa ferrigna che si
sgombra,
sbiancate case sembrano
conchiglie
che la burrasca abbia
abbandonato.
Gabbiani
Il bòrea spinge dalle rupi
un grigio
nuvolo di gabbiani, alla
riviera,
verdiccia prateria
dall’umida fragranza.
Stanno pallidi i borghi
sulla costa offuscata.
Riascolto questi uccelli,
che confondono,
nel loro fitto verso, riso e
gemito;
il laro, che lo sguardo ha
da balordo,
e poi resiste, argenteo,
alla veemenza
del flutto che si erge alla
scogliera.
Riafferrava il vento anche
il mio canto,
con ìmpeto gridato
adolescente.
Negli sguardi, negli atti,
mi trovavo
sì strano e sperso nelle
usate strade…
Vento
Dentro muffiti vicoli in
salita,
come in lontani anni mi
ritrovo;
un vento corre ostile,
strepitando.
Fretta mostra nei passi
qualcheduno,
gli occhi chini, serrate le
labbra.
Stride secca l’insegna
all’osteria;
filtra un caldo vociare
risonante.
Ritorno in basso, nella
piazza: il soffio
che si ripete violento, dal
mare,
ogni cosa distacca, la fa
sola
nel suo freddo risalto; mi
fa solo.
Marina
Sotto il basso viluppo
cenerògnolo
scoppietta amaro lo
sghignazzamento
dei gabbiani, eccitandosi se
il petto
s’immerge nella schiuma d’un
frangente
e il guizzo appare labile di
prede.
Il maréggio continua a
borbottare
minacce dentro anfratti
verdebruni,
pesante di detriti… Al lido
estremo,
tendono navi al molo, ma
esitanti
traversano vapori paonazzi,
celate quasi… A tratti un
grido implora
di sirena; risponde un altro
grido.
Il grido
Giallastra e lenta sfuma
nella nebbia,
dei lampioni la luce, al
lungomare;
intanto passa tra vapori
sudici,
di là dal porto, il grido di
sirena
della nave che attende già
di entrare.
Sul lastricato umido, mi
fermo:
anch’io sono in attesa…
Trasalisco
ad ogni grido rauco che
insiste.
La bianca navicella
Inaspettati raggi ci
rivelano
la bianca navicella, di cui
udimmo
il ripetuto urlo entro il
notturno
tormento dei marosi… Al molo
avvinta,
tra la maretta torbida e i
gabbiani,
nella sua purità ora
risplende.
Col muso immerso nella spuma
viene,
l’onda fendendo, e ansa un
peschereccio;
l’accompagna uno stormo;
presto s’alza
verso l’azzurro squarcio che
s’indora.
L'onda
M’apparve la selvaggia
sfrenatezza
dell’onda sulla roccia…
L’ammansiscono
del sole i fissi sguardi
rifulgenti:
sull’implacata spargono
brillìi.
Lievi onde
Sull’acqua celestina il sole
espande
una rete vastissima;
barbàglia
appena la scompiglia il
vento a volo.
Ad un sorriso s’aprono
ritrose
su volti travagliati degli
scogli,
le bocche fuggitive delle
onde.
A una giovane bagnante
Tu, riemersa, imperlato
dalla fragile spuma il corpo
pronto
tra crespe luccicanti,
quietamente t’affidi
della luce all’abbraccio che
purifica.
Brezze
Una farfalla che giunge, non
teme
di sorvolare candide
ondicine;
dal biancore di scogli,
ov’era inerte,
un gabbiano disceso dietro a
un guizzo,
di solletico ride sulle
spume.
Le brezze alleggeriscono la
carne.
Bonaccia
Tarde le vele in mezzo alla
bonaccia.
Un gabbiano ricerca oltre la
striscia
nettissima del molo
una bava di vento… Da
lontano
alfine viene un
increspamento
e tenue l’acqua infiora.
Uno svolo biancastro si
solleva;
ogni scafo ha un sussulto ed
ogni scotta.
Mattini
Vecchie strade, ancor pigre,
più mi attirano,
dentro freschi mattini: tra
le case,
quasi argini grigi, arriva
il sole
le selci a lucidare, che
conducono
tortuose alla visione del
mare.
Di foglie è un rianimarsi, e
di pensieri,
ai messaggi odorosi della
brezza.
Levità
Inaspettato è il dono, dopo
giorni
gonfi di nubi o spenti dalla
nebbia,
di questa ancora umida
mattina,
che sempre in sé più limpida
s’innalza
e il risveglio asseconda
dello spirito.
Per il vecchio grigiore
delle case,
discendo verso un molo… Lo
raggiungono
piccole onde loquaci che
brillano:
levità mi ridia la luce
nuova!
Stupore
Riverbera e stordisce il
luccichìo,
se dal mandràcchio escono le
barche,
tra voci aspre, intersecando
scie.
Primavera si mostra;
meraviglia
larga, primeva ride nelle
cose.
Ad un fanciullo, simile, che
guardi
smaltate, occhiute navi e
accolga in viso
un soffio vasto, a lui
finora ignoto,
mi apro allo stupore, alla
sua grazia!
Ali
Ali dal folto ànsito
scendano in mezzo a questi
pensieri colmi d’ombra:
al lido li riportino,
ora che non resistono le
vele
al richiamo del largo
illuminato.
E’ là che, un tempo, il viso
adolescente
mi s’infiammava, quando
riportavo
la segreta vittoria contro
il vento,
cedevole, ma pronto a
contrastarmi,
quale gagliardo atleta
rinascente.
Le ali folte alzino i
pensieri
verso lo stormo che irrompe
serrato
e può slargarsi alfine
sul verde della foce.
Una corrente viva possa
attendermi,
a ravvenare scesa
i solitari argini; e
spumeggi,
tra il sasseto dei giorni,
sino al mare …
Nave che salpa
Verdini i clivi della rada
al vento
nuovo sono schiariti; il
porto invita.
Infervorata sovrasta alle
case,
come mistico cuore, una
vetrata.
Un ozioso ciarlare tra gli
scogli;
lontane vele stanno per
confondersi
con una grande chiazza
costellata.
Salpa la nave; verso il suo
candore
che nell’aria azzurrina
lento muove,
sembra ogni oscuro vicolo
s’affacci.
Lontane vele
Un frangersi flessuoso di
cristalli
scintilla sulla riva; tra la
ghiaia
qualche fragile lingua
d’acqua leggera
e di giocosa spuma
risale e s’assottiglia
in mezzo a vecchie chiglie
in abbandono.
Festa di bianche vele ha il
molo algoso:
si staccano, incantate
da lontananze luccicanti
d’oro.
Laggiù sembrano ferme,
forse all’ascolto di sirene
astute:
candide vele sembrano
bruciare,
quando l’ala non venga ad
invitarle,
decisa, delle brezze
avventurose.
Allineate barche
Allineate barche, ognuna
ferma
sopra l’intera immagine
riversa.
Non avrà mai così, la mente,
quiete.
Essa si volge al fondo:
custodisce
le rivelanti voci e le
visioni
o solamente miseri
frammenti?
Breve sogno
Oggi, di penetrare
in un verdognolo chiarore
assorto
sembra il mare conceda sino
al fondo:
si fa raggio, la mente, vi
discende.
Già compaiono al livido
orizzonte
nuvoli, uccelli; un veloce
svolìo
turba la superficie.
Il sensibile sogno si
racchiude.
Immagini
Pur negli ascosi angoli del
porto
vaneggiano le immagini
d’oblio
dentro lo sciabordare che
confonde.
Si riscuote, ad un fischio,
un suono d’ali
verso una scia che
s’allontana e suscita
passeggere pagliuzze d’oro
rosso.
Elegia
Alle rive dell’essere,
talvolta,
per quanto non abbiamo avuto
mai,
per quanto abbiamo soltanto
sfiorato,
la mestizia ci lascia
mollemente.
Alla donna son dietro, che
ritorna
sulla battigia, a sera; lì
ristà resupina,
con la chioma scomposta tra
le alghe.
Rinnova una dolente nenia;
èvoca
i viaggi ignari, il
naufragio presso
il dilettoso lido
inaccessibile.
Alla sua elegia, l’acqua
risponde
col lamento monotono agli
scogli,
con l’ingorgo alle gole
della costa,
che allucciola al disteso
plenilunio.
Nel porto estremo
Nel porto estremo approderà
la nave.
Non darà suono alcuno
la gomena che scende,
l’àncora che s’immerge in
acqua smorta
nel crepuscolo chino sulla
notte.
Appena scesi dalla
passerella,
i passeggeri come tante
ombre,
li condurranno voci
misteriose
di guide appena apparse,
verso sbiadite insegne al
lungomare
della città già fattasi di
bruma.
Crepuscolo
Si diffonde sul molo, delle
lampade
il chiarore pacato, in sé
assorto
di fronte a nubi ancora
invermigliate.
Sale un ultimo volo dov’è
ombrìa,
verso un pennone tinto di
cinàbro.
Alfine il brezzeggiare
liscia i colli,
vestiti, per un poco, di
velluto;
voci coglie da borghi
rivieraschi;
le sparge in solitudini
turchine.
Un barlume
Morbido e lene àlita il suo
fiato,
l’uniforme marina, sino ai
tetti;
si smorzano le voci dei
fanciulli
nella piazzetta; tornano ai
portoni.
Per poco si è posato ad ali
aperte
sui vetri, il vespro, tacita
farfalla.
Con il giorno al suo
transito, disperso
in fragili riverberi, mi
trovo.
La mente ancora adocchia tra
gli squarci,
un barlume lontano, voli
liberi;
ma presto il loro ascendere
s’inombra.
Fragilità
Vedi il rossastro ornato
delle nubi
che scolorisce su di noi; la
barca
serale che ritarda, bruno
guscio
del vecchio rematore
intorpidito
in mezzo alla foschia; della
nave
lontana appena bioccoli di
fumo.
Nebbia
E’ l’ostinata nebbia che
estrania;
che alla bitta d’un molo
solitario,
dell’avventura màcera la
prora.
Si spegne
E’ d’ebano la costa, dove
langue
il monile di perle delle
luci.
S’aggrumano tremanti
lumi, quasi presenze
d’un pavido bivacco,
su colline lontane.
Negligente la notte
non ha sostato nell’atrio
del mondo:
all’abbraccio del mare è
presto scesa,
aderendo al sopore della
bruma.
Il monile s’estingue sulla
costa,
pur quello, perla a perla.
Ultimo incontro
Nell’ultimo suo incontro
egli diceva
d’un porto senza vènti.
Da lì si muove il silenzioso
viaggio
dalla vacua durata
impercepibile,
senza compagni, verso
un’estensione
indistinta, ove lievi
voli incessabilmente
sopraggiungono a fondersi
con l’acque.
Ascolta il mare
Ascolta il mare: sembra
come un rammarichìo vasto a
noi giunga
da creature innumeri
e da evi lontani,
persistente…
Simile al tempo
Simile al tempo, il mare
giovani prore attrae con la
lusinga
degli azzurri orizzonti e
d’altre sponde;
intanto le consuma.
I manifesti segni del rodìo
che dura, della densa
salsedine, li vedi
dentro i verdastri angoli
del porto,
sulle stinte carene.
Il battello
Questo mare disteso lungo il
lido,
innocuo, lo rasentano i miei
passi.
Ad un sommesso pianto si
rassegna
nel pomeriggio scialbo
dell’attesa,
reclino verso la foschia
veniente.
Troppo presto cinerea l’ora
cala
col disinganno a premere
sugli occhi
rivolti verso il largo
solitario:
il battello accidioso non si
scorge;
rimandiamo in noi stessi
ogni partenza.
Il faro aveva un guardiano solerte
I moli dove, un tempo,
mi disposi a partenze
portentose!
A rincorrersi c’erano
fanciulli,
gonfi i capelli, spinti
dalla brezza:
scivolava nei vicoli
odorosa,
riempiendosi di voci sino al
mare.
O dentro lo stanzone, il
sorridente
oste, d’uomini esperto;
od in morbida attesa, la
sirena
dalla chioma corvina e
lunghe ciglia;
i giocatori intenti; il
capitano
canuto, che, già ebbro,
alla sua cantafavola
tornava, inascoltato.
Il faro aveva un guardiano
solerte.
Nave
Tra mare e cielo, a sera,
s’è alzata
una scura barriera di bruma.
Le due lanterne ammiccano
tra loro,
all’imbocco del porto,
come per farsi animo.
Una nave lontana,
che rasenta la bruma,
sembra sia trattenuta al
cupo limite.
Come fiammelle tremolano
i suoi lumi… Così i nostri
pensieri
quando sostano al margine
del mistero inviolabile.
Ombre
Con il suo rosso occhio è
scivolata
del battello la sagoma
indistinta,
di franta acqua senza
tramestìo,
sullo specchio oleoso, oltre
il pontile.
Il nebbione, che stringe il
lungomare,
qualche raro passante presto
cela
e già lontana ne fa l’ombra
esigua.
Di visioni frequenti la
memoria,
d’un tratto, mi si svuota:
delle case
che salgono sul colle; delle
navi
su palafitte delle luci a
sera;
di gru piegate, di gabbiani
queruli…
Guardami tu, viandante che
mi segui:
dentro il vapore saturo che
volge,
non sono che figura
vanescente.
Verso il largo
Vedo di là dal lento
appannamento
dei vetri, all’oscurarsi
della riva,
pochi voli che passano: son
come
i pensieri sfuggiti alla
pienezza…
Tornerà la lucente primavera
e non ci donerà altre
lusinghe
di quelle che invitavano a
tesare
gàrrula al vento, candida la
vela
su spume sfavillanti, oltre
l’insidia
di scogli smeraldini, verso
il largo,
verso la vastità in cui il
cuore ferve.
continua
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Materiale |
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