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Negli anni
Clua Edizioni, Ancona 2007
Per non perire
Vagando solitario, mi
rivolsi,
per non perire,
ad alberi fraterni;
e suoni primitivi
distinsi; come monaco
paziente,
salutari per l’animo
scelsi fiori, radici.
Poesia
In chiazze d’acqua, trèmulo
il mattino
incespica ai sentieri, che
la notte
irrequieta ha battuto e
fragorosa.
Chiarore avanza, alfine,
dalle frante
rive d’oriente:
tutto si fa nuovo,
anche il tacito sogno che
rinasce.
Sorridi ancora, ed a
rinominare
di quello ch’è rinato alla
bellezza
le segrete radici
conduci, o poesia;
a riaver vita ?
Luce
I germogli vedemmo sul
confine,
d’un seme biancheggiante,
oltre la fissità cupa di
selve.
Luce, raggiungi anche il mio
pensiero
che stenta come ramo
raggrinzito in gran parte;
pesante delle bacche chiuse
e amare.
Ma abbiano, con te, le poche
gemme,
della linfa il turgore !
Chi ti accoglie, ospite
immutata
dal tuo principio, guidi
ai superstiti segni
della soprasensibile
bellezza.
Giorno nuovo
Sembra ci affretti i passi,
con il suono
che già ripete limpido, la
torre.
Alte forme di nubi vanno
candide.
Le porta il vento
che anche noi sospinge,
e nel vento è il vigore
dello spirito.
Un asceta che avanza è il
giorno nuovo:
ha vinto la battaglia della
notte:
del sole gli sta in fronte
la raggiera.
Avventura
Una natura splendida,
quasi fosse al principio,
a sé ci incanta;
di più vere parole affranca
il soffio.
Un’iride s’inarca oltre
spelonche
in silente rovina delle
nubi:
pallido ponte per il nostro
sogno.
Gonfie di brezza piume degli
uccelli
svariano tra gli arbusti;
come le gocce, i fiori di
ginestra,
prodigo maggio versa tra le
rughe.
Il cammino ha ritratto la
sua trama:
argini alzava ai passi;
frangeva iroso andare delle
acque,
le nuvolose immagini dei
volti.
Poi è alfine dai vertici
discesa
la luce,
all’avventura intemerata,
amore a rianimare.
Tra i veli delle foglie,
la purità del giorno
attraversiamo
che ingemma i nostri gesti !
Vento
Vento di chiarità ormai si
slarga
sui magri colli e sopra
vecchi boschi
ancor chiusi nel bruno
sgomento dell’inverno;
ravviva il verde giovane dei
prati.
Strappa l’ultimo fumo dai
camini;
ogni netto profilo
incide nel sereno
e suscita una mossa
fantasia di faville:
agile, pura fiamma assurge
il giorno.
Un vento di certezze sia per
noi;
per noi il sonno converta in
tersa ascesa !
Sopra la ragnatela che la
mente
da tanto invano ha steso
su siepi del mistero; e
sugli orpelli
sbiaditi delle fole già
concluse;
sulle guglie smussate dalla
nebbia;
e sul tormento delle
decisioni
al bivio delle strade,
in chiarità discenda !
A un paese
Il docile incurvarsi di
colline,
oltre un muro riscopro al
mite giorno
e l’alito degli alberi
proteso
sino all’estremo glauco;
questa brezza fugace
che si gonfia di spighe.
Per le viuzze storte del
paese
è il passo che riacquista
sulle selci
un suono netto,
una cadenza franca,
un’agile misura
che, da tanto,
nelle vie cittadine non
udivo.
Meridiana la torre è sulle
case;
ne cingono la vetta assidui
voli.
Una buona fragranza esce dal
forno;
un familiare dialogo
su qualche soglia indugia.
Voci poi alza il vespro;
rianima la piazza il
conversare;
sta trasognata al limite del
giorno,
come le luci, la preziosa
stella.
Finestre solitarie
Un ricco vento avviva,
quali tenere foglie,
i giorni nuovi… S’aprono
finestre agresti e sole.
Nel suo silente errare
risale ad esse qualche
farfalla, messaggera
lievissima del prato.
La nuova limpidezza
Mi trova stanco a costruirmi
il giorno,
la nuova limpidezza del
mattino,
sulle malferme, usate
impalcature
e con scarsa materia che si
sgretola.
Ma sono dietro ai pensieri
del cielo,
nubi bianche,
pacifiche sul volto
umido di colline, ove già
lievi
s’allontanano. Sorge
nell’azzurro
un distinto cesello di
profili.
Forme radiose progetta lo
spirito
che già ispira l’opera
incipiente.
Incantesimo
Semi di novità spargi
fulgenti.
Solo con pochi gesti
sai infittire la tela
della speranza, quando si fa
rada.
Rilanci il desiderio;
candido e fermo insieme,
il tuo ardire trapassa
spessi recinti;
risveglia stupori;
altri fiori d’eloquio fa
sbocciare.
Al sereno che straripa,
rinascono
i prati, intanto, e l’estro
degli uccelli.
Si colmano le rughe
Lisciano il rozzo muro
passeggere
brezze; presto si colmano le
rughe.
Odorate le siepi ci
accompagnano;
già son comparse gialle
cedronelle.
Se mi volgo al tuo viso, la
fiorente
figura per me sei di
primavera.
La chiarità trasmuta
aspetti; riapre
certezze alle anime che
vivono;
gli sguardi, ad ogni
incontro, illimpidisce.
I gesti riscopriamo
rinnovati
e il sapore di semplici
parole.
Il fiore del silenzio
Simile a un fiore schivo
è il silenzio scoperto in
questo luogo,
all’incerte sorgive
dell’aurora.
Si stenderanno lievi, al
primo sole,
i petali; staremo a
meditare,
lo sguardo fisso al placido
prodigio.
Lucide ampiezze
Bianche farfalle varcano
recinti
degli orti, verso il prato
sconfinato.
Brune, altre, si posano e
ristanno
su una pietra, con le ali
aperte;
e la cetonia di smeraldo
ronza
incipriata di polline di
rosa.
Trasparente ritorna ad
oscillare
attorno a raggio un volo di
libellula.
Nelle lucide ampiezze, la
riarsa
ugola dell’estate anch’essa
entra
nel disteso concerto di
cicale.
Da una all’altra fronda vi
si accorda
tenace, allontanandosi pur
dentro
all’infittire dei giardini
al vespro,
con un assolo che vi dura
ancora.
Sosta
Pomeridiano andare…
Il viandante ormai sfugge
con gli occhi,
i sentieri che serpono
sui colli al solleone;
egli guarda soltanto in
lontananza,
macchiato dalle ombre il
casolare.
Lì premuroso è l’ospite al
saluto;
nella fresca cantina attinge
vino
e ne arrubina un bicchiere
che porge
con il sorriso del suo volto
arguto.
Si fa più lieve, al fresco,
il conversare;
si china il capo e lento
s’assopisce;
finché non sparga tra le
fronde, il vespro,
affacciandosi,
il suo fruscìo arcano.
Farfalle
Guardi passare le bianche
farfalle
sino al sommo assolato del
sentiero
su cui posano estatiche le
rame;
minute e sole nella grande
quiete,
quasi ansiose del proprio
dileguarsi.
Qui si chinano steli
risecchiti
e capolini lasciano spinosi:
se la veste li sfiora, vi si
appendono
con tenacia beffarda… Ogni
quesito
ormai sospendi nell’estesa
stoppia.
Mezzogiorno
Cùspidi affina l’alto
mezzogiorno
che l’animo fa puro d’ogni
ansia.
Di bianchezza si vestono sul
greto,
obliose del rovello, anche
le pietre.
Nel bosco sul mosaico
dell’edera
riposa la penombra
sacra del denso nòvero degli
anni.
Sembra, talora, al margine,
visioni incerte di presenze
antiche,
al tremolìo del fonte
ci illudano, o dei rami…
Meriggio
Il meriggio che, issato,
dominando,
l’ardente lama arrota sulle
pietre,
snida l’ombra dai vicoli
consunti,
da una raccolta nicchia
sotto un portico;
vetusti androni sbalordisce
e il muschio
che tappezza reconditi
cortili.
Le labbra asciutte d’un
ragazzo cercano
dell’esitante stelo della
fonte,
il fiore che ricade,
si rinnova.
Dentro il meriggio
Le lucertole sostano
estasiate
sopra il rude biancore della
pietra;
appena erode, ai bordi,
uno stridìo,
il silenzio del campo
verdebiondo.
Dentro il giardino, dai
cocenti abbagli,
un velo appena d’edera
difende
l’allucinata nudità di
statue;
come un umano sogno, lascia
petali
sulla rena, l’ascesa dei
cespugli.
Ardente l'ora
Prolunga la sua quiete,
ardente l’ora.
Il convòlvolo langue, che
mostrava
l’iniziale candore nella
siepe.
Per noi curva, il presente,
cespo oppresso
dalla polvere, i suoi
arsicci fiori.
Bastava a riposarci un rado
velo;
docilmente l’attesa si
volgeva
alla vigna del tempo,
intatta, uvosa,
alla vendemmia turgida nel
sogno.
Passaggio
Partono le rondini per altri climi…
Voi non avete bisogno di seguirle per sapere
che questi climi esistono…
M. Louis Monsabré
La notte stende ponti
di nebbia sopra il fiume;
se poi franano un poco a un
sole debole,
un pigro polverìo raggiunge
i campi,
le vigne disadorne dove i
passeri
si calano sugli acini
avvizziti…
Un’instabile calma si
propaga;
soffi recano afrore.
Dei giorni in fuga è questa
la stagione
che lascia ovunque orme di
ferite
lungo i sentieri; presso il
casolare
questi immobili gatti hanno
sussulti
davanti all’uscio, se
sbatacchia al vento.
Tra festoni consunti che si
sciolgono,
nel bosco avanza accorto
chi abbatte ancora un volo.
Imprime più ferite su di
noi,
il transito terreno…
Sei stata trepidante per lo
stormo
(del vecchio tetto, amico
nei bei giorni !)
quando ha incontrato il
folto delle nubi
laggiù sull’orizzonte.
Quello è volato oltre… Come
lui,
verso un diafano cielo,
compiranno
anche le nostre anime il
passaggio.
Quiete
C’è tutta la dolcezza del
racimolo
scoperto nella vigna, in
questo giorno.
Quasi al tepore d’una lieve
fiamma,
si delizia tranquilla la
natura.
S’è sciolto il lungo
intreccio della nebbia
con gli alberi smagriti, con
le logore
parvenze nel sentiero… Da un
giaciglio
di foglie ocra posso meglio
assistere
a come lente nubi
trasfigurano.
La siepe
La stagione sterpigna ormai
ci attende,
simile a siepe ossuta, irta
a difesa,
segnata da brandelli
rugginosi.
Si mischia ai primi vènti
bruschi, assillo
dell’imminente fine, e getta
vespe
a saccheggiare bacche di
viburno,
quasi una forza a suggerne
impossibile,
per quando il dì funereo
invade il nido.
Pur viene, crepitando, il
trillo breve
di scricciolo che ruzzola
confuso
allo smosso seccume; poi la
siepe,
per incanto, trapassa, che
lo stringe…
Vada oltre i pruni, indenne,
anche speranza !
Pettirosso nella neve
Sulle colline, il peso del
silenzio
e i cumuli dei boschi che
s’oscurano
nel giorno che si sfalda.
Col badile, a fatica, un
uomo riapre
nella neve una traccia
dentro il borgo,
per le pur rare orme.
Ci accolgono tiepide pareti
tra cui risuona un calmo
conversare.
Pure sono vicino al
prigioniero
cuore del pettirosso
oltre la grata delle rame
bianche:
resisterà quel palpito
che fugge e che ritorna;
resisterà quel palpito.
Il gelo negli ulivi
Non ha più la salita, a
primavera,
degli olivi il sorriso
mattutino
che sublima, in sé fuse,
brezza e luce,
quando vengono vivide dal
mare.
Casto conforto era al mio
cammino
che portava alla cima corpo
e cuore…
Il gelo penetrato per più
notti
nel cuore delle fibre,
adamantino,
i più giovani rami ha reso
fragili;
ha privato i longevi delle
foglie.
Attesa
Serrano nubi, nodi
inestricabili
sulle livide alture a noi
dattorno;
plumbeo pesa il diniego;
alla partenza
intanto tu t’appresti…
Come smarriti a un ìmpeto
che colmi
lo spazio ostile della
lontananza,
i pensieri cadrebbero tra
selve
intrise dall’oblio, in mezzo
a insidie
delle ramaglie come tese
reti…
Un più sereno cielo che
avvicini,
attendi ancora, prospero
alle ali !
continua
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