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Vincenzo Cardarelli e i gabbianiNato nel 1887 nel viterbese, a Corneto Tarquinia (oggi Tarquinia ), Cardarelli andò giovanissimo nella capitale, dove, dopo aver fatto svariati mestieri, iniziò la carriera giornalistica. Nel 1919, a Roma, fondò, con altri, la rivista “La Ronda”, di cui fu direttore sino al 1923. Giacinto Spagnoletti1 ha messo in rilievo “il tremendo rovello esistenziale, l’intenso travaglio interiore” testimoniato dal folto epistolario cardarelliano. Narratore, poeta, saggista, dai suoi libri il Nostro ricavò un rendimento economico scarsissimo, per cui condusse “la vita d’un profugo e d’un mendicante”, secondo le sue stesse parole2. Egli, d’altra parte, non si dedicò ad altro lavoro, ma assecondò soltanto l’intima vocazione alla letteratura. E per mezzo della letteratura – come osserva ancora Spagnoletti – Cardarelli ha operato una costante “depurazione” dei suoi irrequieti stati emotivi, pacificandoli. I calmi ricordi, le distese meditazioni, gli accenti lirici talora incantati, sono espressi con uno stile equilibrato derivato dai classici. E il classico prediletto da Cardarelli fu il Leopardi. Verso il luogo natale nutrì un sentimento misto di attrazione (era affascinato dalle memorie etrusche che vi si conservano) e di distacco. Morì a Roma nel 1959, dopo una vecchiaia angustiata dai soliti mezzi ristretti e dall’isolamento, pur se continuò ad essere conosciuto per il carattere singolare e per la causticità delle battute. Cardarelli, osservando i gabbiani, dice di ignorare dove questi uccelli abbiano il nido, ”ove trovino pace”. Il poeta è indotto a fare un confronto con il proprio modo di vivere. Quelli, sfiorano appena l’acqua per acciuffare il cibo, e anche lui trascura la vita pratica, sempre dietro ai voli dello spirito acceso, turbato dai contrasti. Forse i gabbiani amano il mare placido – pensa Cardarelli – e anch’io vorrei un’esistenza più tranquilla, ”ma Il mio destino è vivere / balenando in burrasca”.3
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