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Di fronte al destino
Ho ricevuto oggi 14/05 il
libro di Nicoletta Corsalini. Un libro accattivante per veste grafica, immagini,
impaginatura. E so per esperienza che la Casa Editrice Masso delle Fate produce
opere di grande qualità, frutti di passione e dedizione professionale.
Ma veniamo al nocciolo della
questione: la poesia. Che cosa è mai questa poesia? E’ sogno, è realtà, è
immagine, è rielaborazione del vissuto? è vertigine panica configurante
pensieri, meditazioni che ci rivedono ora vivi, ora malinconici, ora desiderosi
di fare della memoria un’alcova edenica di distacco dalla vita ? O è vita,
semplicemente vita? è forse sapore di mare “salmastroso” di noi che con ogni
sforzo cerca di riportare a galla fotogrammi di volti e tramonti sepolti dalla
quotidianità? esistenze nascoste in seno tornate a rivivere per la magia della
inventiva artistica? o è forse parola, sintagma, amalgama di suoni e
accorgimenti tecnico-fonici, che un po’ per malizia e un po’ per ispirazione e
spontaneità, partoriscono sinfonie di grande impatto lirico-emotivo? Ecco! E’
proprio tutto questo che io ricavo dalla lettura coinvolgente dell’autrice.
Sembra che la Corsalini, per dire di sé, chieda aiuto alla natura, alla sua
forza evocativa. E la natura, disposta e disponibile, ricambia, generosa, con le
sue luci e i suoi colori avvolgendo e dando corpo a stati d’animo. «Incantava
il libeccio | e il profumo di sabbia calda | – bruciando le narici | screpolando
il rosa delle labbra – | intaccava il candore delle rose | consumate dal loro
lento bruciare.». Il libeccio, il profumo della sabbia, il candore delle rose,
il bruciare, il consumarsi lento… non sono altro che segmenti di un’anima che
sgomitano per tornare visivi nel caldo della sabbia o nelle scaglie folgoranti
del mare. E’ un gioco di metafore, un linguaggio allegorico che tanto riporta
all’esistenza: il suo fiorire, il suo consumarsi, il suo appassire col bagaglio
di calde memorie.
E la vita c’è
tutta. E’ qui, nel pensiero eracliteo dell’essere e dell’esistere: dalla
bellezza, alla vecchiaia, alla morte. Ed è il senso di precarietà a intrecciare
tutta la tessitura poetica, assieme a un memoriale che mai si fa lamentevole o
struggente, perché sorretto da una parola meditata e robusta nella sua struttura
verbale. E il pozzo dell’anima è tanto fondo che le pièces sanno raggiungere
vette di lirismo veramente avvincente. Soprattutto nel declinare sentimenti
personali in messaggi oggettivi e universali; e parlo della lirica: “Della
bellezza”: «Cercava la bellezza di sciogliere | il sale depositato sui capelli
| raccolti | che desolati guardavano il vento | e le sue strade ampie e lunghe |
dove le avventure | rimbalzavano | come palle di gomma.». O della lirica
“Della vecchiaia”: «Mi passavi vicino fendendo | l’aria appoggiata sulle strade
| lastricate di pietra chiara.». Quanta vita! Quanto vicine queste impennate
emotive alle vicissitudini di ognuno di noi! E il linguaggio è pulito,
arrivante. Il suo obiettivo è quello di giungere con immediatezza all’anima del
fruitore. Senza orpelli a ostacolare il messaggio. La parsimonia e l’uso
appropriato di metafore e figure stilistiche rafforzano la gioia di gustare
poesia e il piacere di farla nostra. Direbbe il poeta: “La coscienza di
esistere, l’amore, il sogno, e la rivisitazione della realtà sono il terriccio
fertile di questa meravigliosa avventura che è la vita”
14/05/2012
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Recensione |
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