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Mai più
alla volta di leucade
Oggi ospitiamo, su proposta di Sandro Angelucci, una nuova scrittrice, la cui
poesia, con slanci emotivi e figurativi di urgente resa visiva, abbraccia, con
duttilità verbale, le inquietudini di fronte a certa disumanità; il dolore di
fronte a paesaggi che rievocano fatti esiziali della seconda guerra mondiale:
drammi di una storia che ci ammutolisce; drammi che si affidano a poeti a ché
gridino le nefandezze di tali barbarie.
La Nostra lo fa umanizzando piante,
strade, piazze, che vissero in prima persona la strage di Sant’Anna di Stazzema.
Il linguismo è scorsivo, semplice, amabile che quasi contrasta con la
drammaticità del contenuto; lontano da ogni epigonismo e da ogni pleonastica
intenzione; non di raro di arcadico-idilliaco sapore: “Abito il bosco grande/
in fitto condominio d’alti fusti/ da loro incoronata regina/ lo scettro della
forza/ tra i miei rami”. (La quercia).
Ma è proprio dal contrasto, direi quasi pariniano, che scaturisce il nerbo della condanna. La Carraroli, amante della
poesia, grande cesellatrice di sintagmatiche inclusioni stilistiche, dilata
l’anima verso vertigini verticali che superino con forza ontologica il dilemma
del male, partendo da una realtà di collettiva memoria. Il verso, frammentato in
una circolarità epigrammatica, si incatena in un mélange di euritmica
musicalità, di eufonica armonia, facendosi tatuaggio di un’anima volta a
rimarcare i malanni della guerra. I sentimenti, di suasiva e persuasiva
intensità, si offrono ad architetture linguistiche di moderna fattura che danno
forza e incisività al diluirsi del dettato versificatorio.
Si dice che il
soffrire sia l’alleato più fecondo del poièin e qui la Nostra Poetessa lo
dimostra: lo concretizza col suo dolce e mansueto grido a coloro che sanno e che
non sanno, affidandosi alla musica di un organo zeppo di storia…
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Recensione |
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