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Ti ringrazio, e ricevi queste poche considerazioni, che seguono, come un modesto apporto al tuo già tanto celebrato canto. Per Ninnj Di Stefano Busà:
La luce che tocca il mondo è forse la tua luce, quella che esplode dentro, e dal dentro si irradia nelle cose, offerenti, poi, riflessi intrisi di sapore erbale, di forza terragna, di arroganza di cielo, di prepotenza di mare; riflessi che proprio al ritorno e proprio ora, hic et nunc, si fanno poesia.
Non siamo solo di fronte a configurazioni naturali, o a semplici rappresentazioni elegiaco – idilliache; ma di fronte a oggettivazioni di segmenti d’animo disposte e disponibili a restituire, come valore aggiunto, violenze luminose, arricchitesi dei travagli, delle esuberanze, delle meravigliose meraviglie di quella luce che tocca il mondo. Il mio amore per questi canti tocca l’impossibile, quando versi ora più ampi, ora più brevi s’immolano alla musicalità di un endecasillabo che si fa vera cascata di luce.
Ed anche nella memoria dell’anima resteranno, per la poetessa, mare, lava, spicchi di porpora e di vento, eco di stelle, follia di tramonto, dune sabbiose tra case bianche e libeccio. Un morboso attaccamento alla sua terra, alle sue più esagerate esplosioni, dipinte con altrettante iperboli verbali: spicchi di porpora, eco di stelle, sbiancare l’anima, follia di tramonto. Per Ninnj Di Stefano Busà la vita è luce, luminosità; e viverla significa godere di questa luminosità che esplode ed implode dalle cose e nelle cose. E crede e spera che questa luce sia la scala possibile per unirci all’inarrivabile. Ma l’anima sarà pura, sbiancata? O l’anima avrà consistenza, avrà un volume, un contenitore di bellezze terrene a cui l’autrice difficilmente rinuncerebbe. La poetessa è tutta qui, non solo in questa opera, ma in tutto il suo percorso poetico. L’inquietudine umana, la coscienza della nostra fragilità, il quesito del destino del nostro pensiero e delle nostre memorie è ciò che rende estremamente universale e umanamente fruibile il verso di questa poetessa che ha prodotto e continua a produrre opere fra le più belle e più conosciute nel panorama letterario attuale. Il poeta è un uomo vivente in tutto il corso del tempo (passato, presente e futuro) e la poesia è vita, con cui è inscindibilmente congiunta. Ma la vita è anche sogno, immaginazione, aspettativa, aspirazione a fughe liberatrici, verso isole contornate di venti leggeri e fragranti, saporosi di salmastrose visioni dovute e che la vita spesso non offre. Trovare il senso di queste fughe e rafforzarlo con la vitalità del verbo della Busà, significa elevarci al di sopra del contingente ed offrire ai giusti palati il beneficio ed il piacere di una magistrale creazione poetica. Se Hönderlin nella lirica Iperione chiede al canto che sia per lui: “rifugio amichevole”, affinché la sua “anima raminga e senza radici | non smanii di oltrepassare la vita” e divenga “luogo di felicità …| ove io abbia dimora, | mentre di fuori con tutto il suo ondeggiare | il tempo possente … rumoreggia lontano”, Ninnj Di Stefano Busà chiede al suo canto che si faccia lucente di terra e di Cielo e che sublimi, foscolianamente eccelso, per prolungarsi oltre la vita.Arena Metato, 2 novembre 2010 |
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