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Alessia
Alessia è, etimologicamente,
colei “che protegge, tenendo lontano (il male)”, Alessia è la ragazza che noi ci
immaginiamo sempre ventenne, che conta “come semi” i suoi anni ancora felici,
punteggiati di esami e di cieli sereni, Alessia è colei che si veste di color
pescalbicocca e che vive nella “dualità” (duale è una delle parole senhal
del poemetto), che è la dualità di coppia (maschio-femmina, estate-inverno,
amore-indifferenza), Alessia è la protagonista, insieme metafisica (me la
immagino campita, altro termine senhal, in un quadro di De Chirico, così
“torinese”, nelle sue piazze, e così poco napoletano, eppure…) e insieme
concreta, presente, fisica, erotica nei quadretti di questo idillio (nel suo
pieno senso etimologico di “breve visione”), di questo poemetto ellenistico ad
essa dedicato da quel grande poeta (lo dico senza alcuna enfasi, ma in piena
sanità mentale) che è il napoletano Raffaele Piazza.
Fin dai primi “frammenti”
verrebbe voglia di conoscerla questa Alessia, vestita di pesca-albicocca, che
conta i semi dei suoi anni (venti, sempre venti, irrimediabilmente venti), che
dà esami di lettere: in quasi ogni frammento la data, oppure elementi che ci
permettono di collocare il quadro su di un paesaggio, definirlo con pochi
elementi (ma essenziali) su di uno sfondo che è realistico, ma che appartiene,
se vogliamo, all’immaginario poetico-esistenziale di ciascuno (o quasi) di noi.
Vorremmo averla scritta noi
questa lussureggiante poesia (eppure così intimista), con le sue inversioni
sintattiche, come (ad esempio) il complemento di specificazione che precede in
genere il sostantivo che lo regge, per cui sembra (almeno a me) di aver a che
fare con la traduzione interlineare di uno scrittore latino, con tutte le
difficoltà nel penetrare le bellezza delle immagini, ma che ci sorprende per la
sua cocente modernità.
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Recensione |
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