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Diario di un cinemaniaco di provincia
Al presente la
nostalgia di un “buon film” non è un vizio in cui varrebbe la pena indulgere.
Eppure, basterebbe solo andare al cinema oppure cimentarsi nell’ormai famigerato
“zapping” per capire che non va considerata tale. Eppure, terminando la lettura
di Diario di un cinemaniaco di provincia, pur non essendo un cinefilo di
rango, mi ha preso la voglia di usare la poltrona del divano come “macchina del
tempo” e percorrere un viaggio alla ricerca di buoni film “nostrani” seguendo le
tracce lasciate nel suo lavoro da questo giovane autore, che è riuscito a
contagiarmi con la sua passione per i classici della commedia all’italiana.
Da
“uomo di scuola”, e nostalgico di tutto ciò che è “classico” in generale, non ho
potuto che rivivere vere emozioni di svariata natura nelle pose e nelle gags
(che non hanno nulla da invidiare alle moderne pellicole d’oltreoceano, tanto
“globalmente” diffuse) di Sordi, Gassman, Tognazzi, la sensualità pienamente
“bella” di una Cardinale o di una Spaak, ma non solo. La società italiana, così
meschina a volte, ma solare e furba, che si rispecchia nel sorriso plautino del
grande Albertone, appare in tutte le sue sfaccettature, attraverso la penna di
un giovane italiano d’oggi, che però possiede una cosciente e dotta
retrospettiva sul suo e quindi sul nostro passato. Quell’ “italian way of life”
che, dopo la brutale parentesi del secondo conflitto mondiale, anche negli anni
’50, ’60 e ’70 riscopre la passione per le “buone cose di pessimo gusto” di
gozzaniana memoria. Questo libello, dunque, ci apre un mondo passato non
lontano, e aiuta senza dubbio a riscoprire chi siamo e, in qualche modo, dove
stiamo andando.
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Recensione |
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