Trittico.
Omaggio a Franz Schubert, Clara Wieck Schumann, Pyotr Ilyich Čajkovski
Cara Mariagrazia,
rispondo con colpevole ritardo.
Appena ricevuto “Trittico” avevo letto con piacere la tua nuova fatica
e ne avevo apprezzato l’eleganza e la compostezza che, a mio parere, sono poi
la cifra della tua poesia.
Perdonami perché il tempo mi è poi sfuggito e il Trittico è rimasto in
evidenza in libreria a testimoniare le cose da fare…cioè da rileggere e su cui
scrivere qualche appunto come questo. La necessaria rilettura è stata rinviata per far posto alle urgenze
delle mie due nuove uscite ed ora al riversarsi sul mio calendario delle
cosiddette “ presentazioni”.
Fin dall’edizione curata nei dettagli dalla Florence Art Edition, il
tuo Trittico chiede una carezza quasi fosse velluto poggiato sul bracciolo della
poltrona. L’idea sublime di rendere omaggio con dei versi a tre geni della musica
europea ne accresce l’eleganza e il piacere di sfogliare il libro come un
oggetto raro e prezioso. In certi momenti della lettura avrei voluto poggiarlo su un leggio come
uno spartito oppure poggiarlo sulla guancia, con gesto di tenerezza e poi su un
morbido guanciale.
Cara amica, con queste parole non volutamente enfatiche, mi congratulo
per l’ottimo e raffinato lavoro.
Lo faccio con estrema sincerità perché trovo molte e impari consonanze
fra la mia e la tua poesia.
Del resto le sintonie avevo avuto occasione di notarle già in passate
occasioni.
Mi colpisce particolarmente il tuo bisogno di sentire la musicalità
della parola, cercarne al suo interno le tonalità che ne esprimano appieno il
significante. Quello stesso ritmo che tu cerchi nel verso lo ritrovo per intero nelle
mie fatiche del comporre quando mi tocca, proprio nell’affannosa ricerca della
nota giusta, persino superare l’antitesi della difficoltà comunicativa del testo
poetico che si contrappone duramente al testo narrativo rivendicando autonomia e
originalità in una sintassi che sia la cifra unitaria della composizione.
Alcuni anni fa, peregrinando fra i miei Baudelaire, Rimbaud e compagni,
restai impigliato nei “ Saggi sulla danza” di Paul Valery e da allora confesso
che ho avuto la sensazione di aver finalmente capito quel che di tecnico cercavo
nella composizione, in altre parole avevo scoperto molte cose circa le necessità
timbriche della versificazione.
Devo confessare che a Valery sono arrivato dopo l’immenso Leopardi ma
leggendolo mi pareva di vedere i mostri sacri della danza calcare a loro volta
il palcoscenico ed io recitare con loro le poesie che più amavo casualmente
scelte. Pensavo a Silvia e Al Canto notturno…alle Rimembranze mentre vedevo
danzare Nureyev o la Fracci o la Maximova con Vassiliev.
Da bambino frequento le sale da concerti senza aver mai imparato a
suonare alcunché se si eccettua un breve periodo adolescenziale in cui presi
svogliatamente lezioni di solfeggio spinto invano da mia madre verso una
carriera che lei sognava da violinista.
Preferii poi la poesia alla musica specie, quella amorosa, più consona
ai miei anni e alla fase adolescenziale.
E’ stato molti anni dopo, negli anni del Liceo ma più ancora
all’Università che iniziai a frequentare Paul Valery e allora ho avuto più
chiare le mille consonanze fra un musicista e un poeta. In poche parole ho imparato a considerare il metronomo come uno
strumento che appartiene anche al poeta e a riconoscere sulle note del
pentagramma, i dolori, le ansie, quel che si dice il mal de vivre.
Per la laurea chiesi in dono a mia zia le sei Sinfonie di Čajkovskij
suonate da Von Karajan. Dopo averle venerate per anni, le tengo ancora per
ricordo fra i preziosi vinili.
Ora queste tue composizioni mi riportano verso atmosfere che amo,
verso un recitativo da penombra, verso voci ben intonate sul fondo della sala
dove sono pochi e cari amici, verso Schubert la cui musicalità trova culmine nei
suoi ventiquattro Lieder senza i quali è difficile capire cos’è il romanticismo.
L’esplorazione poi continua con lo sguardo di ammirazione e
comprensione con il quale, da donna a donna, guardi la vicenda umana e l’opera
di Clara Wieck e, per lei, a Robert Schumann.
Bellissimo connubio fra la solidarietà di genere e l’amore coniugale
Bellissimo, anche sul piano della resa drammatica e narrativa, il
sofferto dialogo fra Clara e la voce fuori campo, per l’appunto, narrante. Infine l’approdo in punta di piedi…pardon, di scarpette… all’amato
Čiajkovskij con i fiumi e i laghi della sua Pietroburgo che a primavera, allo
sciogliersi del ghiaccio, esondano…”come vene di madre” e poi … “ la musica che sommuove le pieghe dell’anima come fa con le betulle il
vento d’aprile”.
Conosco e condivido la magia di quelle terre e l’amore del musicista
per esse.
In pochi versi hai fatto di parole e musica un macramè di cui gioisco
con gratitudine.
Davvero prezioso questo Trittico di cui molto ti ringrazio
assicurandoti che avrà il posto che merita nella mia biblioteca, fra le poesie
dei “miei” amati poeti russi del Secolo d’Argento e Les Poétes Maudits che sono
poi le radici che mi hanno nutrito e cui attingo ogni giorno.
Grazie davvero, amica cara.
Mantova, 14 Febbrai 2018
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