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Carlo Onorato la missione sociale-educativa di uno scrittore molisano

Onestà, rettitudine, serietà di intenti, uguaglianza paritaria suonano anacronismi ghettizzati in un contesto in cui l’orgia della vanità e della dissolutezza, l’egoismo aberrante, il delinquere eleva- to a sistema delle traballanti Istituzioni avvelenano il vivere civile con la previsione infausta che orribile saràil domani.[1] È, a giudizio di Carlo Onorato, poeta e scrittore isernino, una scan- sione in negativo del quotidiano, vuoto di etica e deontologia, di valori e probità; è uno stato di decadenza stabilizzata; un franare generalizzato di buone costumanze: abrase, sopravvivono in remoti angoli di mondo, dove immutato permane l’amore per la terra e dove ancora alitano refoli di sanità, trasmessa da una cultura contadina, la cui funzione educativa e formativa non viene dissacrata dalla smania di tutto distruggere per la velleità di un rinnovamento che nulla ha di palingenetico.

Tale, la configurazione, di conio arcaico, di territori dimenticati dal potere centrale, incontaminati in forza della negligenza dei politici, ma ancorati, nell’attestato primitivismo di ritorno, all’atavico sostrato di morigeratezza, che forgia uomini dalla dirittura morale esemplare e tali che in loro, a rivisitare Dante, rampogna / lantica età la nova.[2]

E se Dante individua i paladini della passata nobiltà in Currado da Palazzo e ‘l buon Gherardo / e Guido da Castel,[3] noi, tra i figli del Molise agreste e letterato, individuiamo Antonio Crecchia, Vittorio Rossi, Carlo Onorato.

Di Rossi e di Onorato si è occupato il Crecchia con i volumi monografici Vittorio Rossi, un talento creativo a servizio della cultura e Carlo Onorato, la missione sociale-educativa di uno scrittore molisano, editi nel 2014 da Ediemme – Cronache Italiane.

Di entrambi gli scrittori il Crecchia ripercorre l’itinerario biografico, commistione di stenti economici e spinte migliorative, concretizzatesi con la voglia, mai sopita, di dotarsi e arricchirsi di cultura: essa, nel caso Onorato, cresce e si adultizza lentamente, perché con la sua interiorizzazione interagiscono oppositivamente il lavoro dei campi (il papà è contadino) e i fatti bellici degli anni 1940-1945. Saccheggi, rastrellamenti, deportazioni ad opera di nazifascisti, notti all’addiaccio e giorni infrattato nel folto di boschi per sfuggire ai continui bombardamenti dell’aviazione anglo-americana,[4] bloccano il regolare corso di studi di Carlo.Trattasi, indubbiamente di fattori condizionanti, che non demotivano il giovane, al contrario temprano l’ossatura e il carattere dell’uomo forte, mi si perdonino i frequenti riferimenti all’Alighieri, tetragono ai colpi di ventura,[5] novella incarnazione dell’oplite spartano, di ritorno dalla battaglia con lo - scudo crivellato di colpi, ma vittorioso.

Vittorioso sulle avversità contingenziali, fiducioso della propria energia creativa e operativa, della solerzia volitiva, nell’immediato dopoguerra, l’Onorato si iscrive alla sezione del PCI di Forlì del Sannio e alla Camera del Lavoro, dove organizza per gli aderenti, come lui alla FGCI, corsi di formazione, convinto che la cultura sia il mezzo attraverso il quale i meno abbienti, liberi nellimpegno e nel travaglio, / senza bende, né bagaglio, / scevri da inchini di servitù,[6] possano, senza incorrere in piaggerie compromissorie, riscattarsi dalla condizione di emarginati e diseredati.

I versi in predicato, antemurale a scontate forme di soggezione e sudditanza, sensibilizzano al necessario apprendimento del sapere, nutrimento del singolo e della collettività in società ostinatamente classiste: conculcano la libera circolazione del pensiero, spesso distorto e manipolato dall’egoismo dei potenti, abili a generarmostri di crudeltà![7]

Il bisogno di acculturarsi e la militanza politica assorbente non deviano l’Onorato dalla frequentazione scolastica, se è vero, come è vero, che lo studente lavoratore consegue la licenza elementare e quella di Avviamento Professionale quando sul quadrante del proprio orologio biologico l’età è lontana dalla fanciullezza e dalla preadolescenza. In seguito, con diligenza encomiabile, annota la penna del Crecchia, a Fribourg, dove emigra dopo avere praticato il mestiere di scalpellino in Francia, ottiene la specializzazione in disegno tecnico, cui si integra la qualifica di tecnico edile e, a coronamento di tanto affannoso dimidiarsi tra scuola e lavoro, il diploma di geometra e l’abilitazione all’esercizio della professione.

Un barcamenarsi, quello di Carlo Onorato, tra stenti, sacrifici, rinunce, angoscia di sradicarsi dalla terra che ama e che non copre il fabbisogno giornaliero della famiglia. Però, è onesto cercare fuori del Molise e dell’Italia, gravata delle ferite sanguinolenti della guerra, una sistemazione decorosa, piuttosto che vegetare e lasciarsi tentare dai triboli destabilizzanti della passività e dell’attendismo sterile. É capitato a tanti, non capita a lui che all’estero, con dignità e fierezza tutta isernina, tiene alto il nome del paese di provenienza. L’avere emigrato gli torna di onore, ne ha piena e totale consapevolezza, tanto che al nipote indirizza una lettera in cui la vita trascorsa come operaio oltre frontiera assurge a modello di virtù laiche dalle finalità alta- mente educative.Io fui emigrante, come tuo padre, come lo fu il tuo bisnonno Noi fummo costruttori di pace e di civiltà, non ci fu scuola, ospedale, ponte, viadotto, diga ed ogni altra opera del lavoro e dellingegno umano nel mondo che non abbia visto, nel tempo, la partecipazione dei tuoi connazionali. Io non so se è bene per te non essere stato emigrante. Io sono stato felice nel partecipare alla realizzazione delle grandi opere che vedevo crescere come un bene per l’intera umanità. Io ti affido questo patrimonio. Conservalo con amore e rispetto.[8]

Amore e rispetto,giustizia e fratellanza sono, sottolinea il Crecchia, i cardini della teologia positiva dell’Onorato, in disagio in un trantran di attese e sospensioni, suffragate dall’ideale utopico di una convivenza simbiotica degli uomini, non più omologati in classi contrastanti, per una visione  di fratellanza universale, scaturita da un socialismo dal volto umano.[9]

L’Onorato, alla luce del profilo biobibliografico tracciato dal Crecchia, che ne analizza pensiero e attività socio-politica, è uomo e poeta salvo da infingimenti e sofisticazioni, invettive e polemiche infruttuose, mode effimere e passeggere, cerebralismi semantici, di sola suggestione auditiva e sensoriale. Egli è, per il saggista che gli è amico e sodale da lunga data, il sindacalista, difensore dei lavoratori in lotta per il lavoro e lo sviluppo;[10] è l’osservatore commosso del macro come del micosmo, splendido di luci, colori, perfetto, meraviglioso, armonico nella sintonia della natura vergine, che non si presta ad operazioni di adeguamento alle tecnologie moderne.[11] Perciò, della mia terra i fiori / sono belli e profumati, / tanti sono i loro colori / così teneri e delicati.[12] E Che mai / sarebbe il mondo / senza fiori / e senza frutti, / senza voli di farfalle, / senza il canto degli uccelli.[13] Sono versi, riverbero dell’io del poeta, limpidi, cristallini, di una musicalità senza pretese, esenti da cascami retorici e orpelli bizantini, in linea con la dimensione minimalista delle cose, su cui non posa lo sguardo l’uomo del Duemila, robotizzato dalla civiltà tecnologica e virtuale, che lo relega nell’area arida e depressa della non parola, della non comunicazione, della non emozione. Oggi, non uccidiamo il chiaro di luna, stiamo uccidendo, se non lo abbiamo già ucciso,il dialogo interpersonale, la vita di relazione amicale, l’amore per il prossimo e per la bellezza del creato, braccati, come siamo e vogliamo, nella giungla dellhomo homini lupus, in cui ci sbraniamo a vicenda per istinto di una sopravvivenza tutta materia, niente spirito. L’Onorato, a percorrere l’itinerario critico del Crecchia, si estranea dalla negatività della realtà corrente, dalla frettolosità dell’uomo copernicano: figlio della velocizzazione del secolo, non sperpera frazioni del suo tempo, vanamente prezioso, per perdersi nella contemplazione dell’universo che, nelle grandi come nelle minuscole cose, è bellezza, consolazione, rinverginamento dell’animo.

Attualmente, mi sembra di desumere dalla lezione dell’Onorato, giriamo come trottole vertiginose, senza soste o pause di riflessione, per considerare, con un approssimativo esame comparativo, come eravamo più intimamente sereni, malgrado gli imprevisti di giornata e come potremmo esserlo tut tora se, occasionalmente, sapessimo rivivere i momenti dimenticati dell’infanzia e rimanere,sia pure per una manciata di secondi, fanciulli dentro, come il fanciullino pascoliano È il sogno irrealizza-to dell’Onorato che, precisa Antonio Crecchia, crede nella possibilità di una catarsi umana,[14] realizzabile in una società in cui la politica sia impegno civile e umanità, / al servizio della gente con grande dignità, senza abusi, intrighi, avidità;[15] una politica che possa ridare pace al mondo col supporto di una culturaforte, audace,[16] che gridi… il lavoro per costruire cose stupende,/ libe- re da private cure e da servil faccende.[17] È insita, in questi versi di alta tensione civile, l’aspirazione alla costruzione di un mondo senza confini[18]… senza guerre, senza faide intestine dei fratelli che uccidono i fratelli. Un mondo, negli ideali utopici dell’Onorato, votato al bene, alla concordia, alla solidarietà sulla fraterna via della pace,[19] purtroppo e, di continuo, osteggiata da chi muove i fili del disamore, degli odi, delle rivalità per accaparrarsi ruoli di prestigio nell’agone delle cariche ai vertici.

Nel presente momento di crisi economica e istituzionale la missione sociale-educativa dell’Onorato suona voce isolata e inascoltata di uno che grida nel deserto. Ciò nonostante, è bene che uomini di tale statura e dignità affrontino il problema con la fierezza del proprio credo ideologico e con la forza divulgativa della scrittura, perché la società, in parte, è sensibile ai moniti e alle esortazioni di chi ha il coraggio di denunciare in nome della sanificazione radicale.

Di qui un grazie ad Antonio Crecchia, meritevole di privilegiare per i suoi studi esegetici uomini come il Rossi e l’Onorato, uomini che, sulla scorta della scienza di vita metabolizzata in anni di lotte, possono istruire e educare attraverso l’ufficio comunicativo della parola scritta e parlata, che la macchina onnivora del progresso mai potrà divorare, rendere acefala e monca di significato, a patto che questo non snaturi in banalità convenzionali.

Note


[1] C. Onorato, Tra cielo e mare, da Della mia terra i fiori, in A. Crecchia, Carlo Onorato, la missione sociale- educativa di uno scrittore molisano, Ediemme, Cronache Italiane, Salerno 2014, IV di copertina v. 14.

[2] D. Alighieri, Purgatorio, a cura di G. Giacalone, A. Signorelli, Roma 1988, canto XVI, p. 383, vv. 121-122.

[3] Ivi, vv. 124-125.

[4] A. Crecchia, Carlo Onorato, la missione sociale-educativa di uno scrittore molisano, cit. p. 15.

[5] D. Alighieri, Paradiso, a cura di G. Giacalone, A. Signorelli, Roma 1992, canto XVII, p. 417,v. 24.

[6] C. Onorato, Al Sapere, da Andare, in A. Crecchia, Carlo Onorato, la missione sociale-educativa di uno scrittore molisano, cit., p. 51-52 ,vv. 6-8.

[7] Ivi, v. 4.

[8] Ivi, p. 45.

[9] A. Dubcek, Autobiografia di un rivoluzionario, Editori Riuniti, Roma 1996.

[10]A. Crecchia, Carlo Onorato, la missione sociale-educativa di uno scrittore molisano, cit., p. 187.

[11] Ivi, p. 41.

[12] Ivi, C. Onorato, Della mia terra i fiori, dalla silloge omonima , in A. Crecchia, Carlo Onorato, la missione sociale-educativa di uno scrittore molisano, cit., p. 42-43, vv. 1-4.

[13] c. Onorato, Che mai … da Speranze umane, in A. Crecchia, Carlo Onorato, la missione sociale-educativa di uno scrittore molisano, cit., p. 27.

[14] Ivi, p .32.

[15] C. Onorato, Sogno e realtà, da Speranze umane, in A. Crecchia, Carlo Onorato, la missione sociale-educativa di uno scrittore molisano, cit., pp. 27-28, vv. 2-4.

[16] C. Onorato, Per al mondo ridar pace, in A. Crecchia, Carlo Onorato, la missione sociale-educativa di uno scrittore molisano, cit., p. 13, v. 3.

[17] C. Onorato, ivi, vv. v. 5-6.

[18] A. Crecchia, Carlo Onorato, la missione sociale-educativa di uno scrittore molisano, cit., p. 33

[19] C. Onorato, Sulla fraterna via della pace, da Dimensione riflessa, in A. Crecchia, Carlo Onorato, la missione sociale-educativa di uno scrittore molisano, cit., p. 97, v. 9.

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