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Eloisa tra cronistoria e realtàLa storicizzazione dell’amante più cara che tradizione ricordi individua in Eloisa un’eroina, di cui niente o quasi niente si riesce a estrapolare da codici e florilegi, renitenti a fissare in libris la cronaca di uno scandalo censurato dalla morale comune. A parte la monacazione in forza d’amore e per volontà di Abelardo, di certo Eloisa non è figlia naturale di Fulberto, bensì nipote, come si evince dal necrologio del Paracleto Fulbertus, canonicus, dominae Heloisae avunculus, ed è, secondo la testimonianza di Pietro il Venerabile, il gentleman dei mistici medioevali,1 [1 A. Crocco, Antitradizione e metodologia di Abelardo, edizioni Empireo, Napoli 1971, p. 15.] creatura che si dà tutta alla scienza letteraria,… allo studio della sapienza profana, senza che nulla, né i desideri del mondo né le sue vanità né i suoi piaceri possano distoglierla dal lodevole proposito di imparare le arti liberali2 [2 Pietro il Venerabile, Lettera a Eloisa, in Lettere d’amore di Abelardo e Eloisa, trad. introd. e note di F. Roncoroni, Garzanti, Milano 1974, p. 424.] Nella stagione dell’incontro con Abelardo la giovane già possiede una discreta conoscenza del ciclo carolingio e del ciclo brettone. Sensibile com’è, la vicenda di Ginevra, baciata da co tanto amante,3 [3 D. Alighieri, Inferno, a cura di Giuseppe Giacalone, A. Signorelli, Roma 1988, canto V, p. 166, v.134.] la intenerisce; i precordi sussultano come un dì agli amanti di Gradara, quando leggeranno di Lancillotto come amor lo strinse.4 [4 Ivi, p. 165, v.128. Cultura e prospettive Luglio – Settembre 2014 n. 24] Indubbiamente acculturata, forte come un’amazzone e degna di essere accolta anche nel centro riformatore di Cluny, Eloisa si riscatta dal falso ideologico della critica confessionale, per risorgere dalle ceneri dell’oblio, in virtù di un amore che si connota di eternità e immortalità. Sotto il profilo biografico, la data di nascita si colloca intorno al 1116, presumibilmente a Parigi; una Parigi aperta al fenomeno della Rinascenza; fiorente di mercatura; sensibile alla spinta demografica, che sollecita il trasferimento del feudatario nel le strutture socio-politiche cittadine; addottorata dal ruolo del maestro, impegnato nella decodifica di documenti dell’età classica, di cui, in pectore, auspica il rivivimento. Incerti i genitori, che non dovettero essere illustri, come non lo fu il casato. Sconosciute le fattezze fisiche. Di lei Abelardo si limita a riconoscere che non è ultima per bellezza1 [1 P. Abelardo, Historia calamitatum, in Lettere d’amore di Abelardo e Eloisa, cit., p. 21.]. Preda di un sentire che ne investe anima e carne, nelle lettere, di intensa e profonda inquietudine, Eloisa vive l’amore per il chierico bello e intelligente2 [2 Eloisa ad Abelardo, Lettera II, in Lettere di Abelardo e Eloisa, cit., p. 91.], idolo delle donne e all’apice del cursus honorum, con il reciprocarsi della prostrazione e della rivitalizzazione, dell’estasi e del tormento. Quale sposa o quale vergine non si consumava per te quando non c’eri e non diventava di fiamma quando non le stavi accanto?3 [3 Ivi ,p. 90.] si duole, riandando con gli a ritroso, alle mani del loico: correvano più spesso al suo seno che ai libri4 [4 P. Abelardo, Historia calamitatum, cit., p. 23.] Attimi-eternità! Non possono significar per verba5 [5.D. Alighieri, Paradiso, a cura di G. Giacalone, A. Signorelli, Roma 1992, canto I, p. 108, v. 77.] il trasumanare della vergine, che si concede in un’altalena di slanci e pudore, annullamento e fremiti dei due corpi avvinghiati a formarne uno solo, secondo Paolo di Tarso. Da allora isocronismo di guerra e di pace, struggimento e inebriamento. Abelardo diventa il centro gravitazionale del suo esistere: intorno a lei satellitano sofferenze, rinunce, persecuzioni, la mancata convivenza, necessitata dal timore, squisitamente femminile, di turbare il raccoglimento del partner col frignare assordante di Astrolabio. Femminista ante saecula, senza, però, debordare negli estremismi del movimento, Eloisa ripudia l’appellativo decoroso di moglie per quello profano di prostituta o di sgualdrina per, confessa senza reticenze, avere la possibilità di essere tua, solo tua.6 [6 Eloisa ad Abelardo, Lettera II, cit., p. 93.] Il suo amore totalizzante teme un solo rivale: l’oblio del distacco, quando sospira… i sensi e non l’affetto ti hanno legato a me; la tua era attrazione fisica, non amore e quando il desiderio si è spento, con esso sono scomparse anche tutte le manifestazioni d’affetto, con cui cercavi di mascherare le tue vere intenzioni.7 [7 Ivi, pp. 91-92.] Rovelli e disperazione degli abbandoni! Ma la sedotta e abbandonata è per davvero Eloisa o non piuttosto Didone, imprecante all’indirizzo di Enea, veleggiante per lidi lontani? o Armida, da maga metamorfizzata in donna, che anatemizza Rinaldo con Nova Furia co’ serpi e con la face / tanto t’agiterò, quanto t’amai?1 [1 T. Tasso, Gerusalemme Liberata, a cura di B. T. Sozzi, Utet, Torino 1981, p. 500, strofa 59.] Fiaccata dai ricordi, l’infelice sospira: Un tempo, quando mi cercavi per soddisfare le tue turpi voglie, mi venivi a visitare spessissimo con i tuoi scritti, e con le tue poesie mettevi il nome della tua Eloisa sulle labbra di tutti. 2 [2 Eloisa ad Abelardo, Lettera II, cit., pp. 93-94.] Fiumane di sentimenti: dilacerano e rodono la donna, senza consentirle oasi di tregua. Persino durante la Messa, quando la preghiera dovrebbe essere più pura, i turpi fantasmi di quelle gioie si impadroniscono della mia anima e io non posso far altro che abbandonarmi ad essi e non riesco nemmeno a pregare.3 [3 Eloisa ad Abelardo, Lettera IV, in Lettere di Abelardo e Eloisa, cit., p. 120.] Come nelle insonni tenebre, / pei claustri solitari, / tra il canto delle vergini, / ai supplicati altari 4 [4 A. Manzoni, Adelchi, a cura di V. Arangio-Ruiz, Utet, Torino 1980, Coro atto IV, scena I, p. 425, vv. 25-28.] è incapace di pregare e di trovare pace, parimente vittima di un amore tremendo, 5 [5 Ivi, atto IV, p. 420, v. 148.] Ermengarda, cui sempre al pensier, tornavano / gl’irrevocati dì.6 [6 Ivi, Coro, atto IV, p. 425, vv. 29-30.] Donne afflitte dal vortice di una passione travolgente Quello che più mi fa soffrire non è il dolore in sé, ma il fatto di non averti più con me,7 [7Eloisa ad Abelardo, Lettera II, cit., p. 88.] sospira Eloisa ad Abelardo, uomo che le ha soleggiato squarci di vita; profuso nella psiche solitudine e pena esistenziale; in tutto il suo essere donna ricordi spinosi, quanto più le ritorna in mente il tempo felice / ne la miseria.8 [8 D. Alighieri, Inferno, canto V, cit., p. 164, vv. 122-123.] Miseria di non potere fare a meno dell’aiuto della tua medicina:9 [9 Paolo di Tarso, Lettera agli Efesini, capitolo V, capoverso 31.] le sarà propinata da una contrazione dei muscoli, se diamo credibilità alla leggenda che all’apertura della tomba di Abelardo, per accogliere le spoglie di Eloisa, le braccia dei due amanti si abbracciarono, a suggello di quell’amore Così violento / Così fragile / Così tenero / Così disperato/10 [10 J. Prèvert, Questo amore, in Id., Poesie, Guanda, Milano 1973, p. 47,vv.1-5.] Perseguitato ferito calpestato ucciso negato / dimenticato / 11 [11 Ivi, v. 23.] e, soprattutto, così vero e trionfante sulla precarietà del transeunte. |
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