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A chi pungesse vaghezza di incasellare La via che conduce a te di Aurora Cacòpardo nei gangli di connotazioni specifiche dovrebbe, senza ombra di irrisolutezza, ricorrere all’etichettatura Poesia del mare, poesia dell’amore. Mare o amore, con spaccati di flashbeack, nell’itinerario della poetessa, sono interrelati come classemi liricizzati da immagini visive con un arco estensionale che dalle onde violacee, da l’umida spiaggia slarga a mare guscio di cobalto, l’acqua è un bacio sinuoso e fresco,  ho sognato poi te | lungo il mare del tempo. Versi che profumano...odore dolce e salmastro, suonano onda placida o sciabordare di risacca, in sintonia con la raffigurazione grafica della copertina: distesa blu oltremarino, immensa, appena increspata e asimmetricamente rigonfia. Assenti pescatori barche regatanti, rimanda allo zanelliano e l’uomo non c’era. Perché incapsulato nel riccio della propria solitudine; perennemente solo perché, a giudizio della Cacòpardo, calata nella spiritualità dell’albeggiante Duemila, si è sempre soli, in special modo, nel dolore | di fronte alla morte. Vivere, morire, rinascere: un arcano non decrittabile neppure dalle carte della Sibilla. Enigmatica, ogni responso affida agli artigli del vento che tutto corrode, trasporta, dissolve in un Oltre alonato di mistero ed esso stesso mistero. A pagarne lo scotto la ricerca della verità, nella sua assolutezza, elusiva, impalpabile, sfuggente come il panta rei.

Protagonista della silloge, il mare interagisce con l’io romito: ne canta addirittura la metafora della vita, ondivaga tra incertezze, disagio, scontento, talvolta, immotivati. Astratte forme di malessere nicchiano dentro, altalenate da grumi di turbamento: perdura fino a quando il tempo della luce si è concluso. Luce come eteronimo di bene, amore, tranquillità dell’animo: inesaustivo si ostina a rincorrere un luogo senza tempo ove si plachino i dolori e si assaporino brevi/lunghi attimi di felicità. Ma la sinteticità semantica e la similitudine condensata della vela sfilacciata materializzano le smagliature di una vita pacata da una linea d’ombra.

Si estrapola dall’intero contesto la simbiosi poesia–filosofia, binomio figurale che amalgama l’arazionalità della composizione in versi con la razionalità del pensiero, meglio il raptus creativo e l’intellezione con la trama delle scelte lessicali che si mantengono nei limiti dell’essenzialità, senza debordare in lungaggini estenuanti e di sapore prettamente retorico. Ne è esempio Chimere. Di scena ancora il topos del mare: in burrasca, ha disperso sulla sabbia alghe e conchiglie tra … relitti di sogni. Il narrato secco, asciutto, denota consono abbinamento tra la sostanza vegetale delle alghe, la struttura calcarea della conchiglia, la cartilagine del residuo, scollegato dal presente come è scollegato il sogno, iconografia di un amore rivissuto dall’innamorata di ieri in un oggi onirico: la ancora si rivede con lui danzare, | su un pareo mosso dal vento. Se per Calderón de la Barca La vida es sueño, per la Cacòpardo l’amore sognato è più vero di quello reale, soprattutto se lidi lontani lusingano il partner e il ghibli del deserto, il canto del muezzin, la voce del mare, lungi dall’essere richiamo fascinoso, rimbombano ed eccheggiano separatezze.

Nel percorso lirico della Cacòpardo mare e amore si coniugano come una costante, un correlativo oggettivo che consente alla poetessa di evocare la persona amata e di oggettivare il movēre latente , i trasalimenti emotivi convertendoli in parola, chiazza cromatica di pregnante intensità tonale, cosparsa sulla pagina bianca. Supporto insopprimibile per ricomporre i tasselli musivi del repertorio tematico, la parola rivisita momenti sepolti dal tempo tra le morte cose, pietre miliari che lastricano chilometri di esistenza, stazioni dimenticate. Poi, d’improvviso, complice la memoria spontanea, brandelli di a ritroso pietrificato riemergono con prepotenza dal subconscio, si contestualizzano ed il passato rivive con contemporaneità. Si presentificano, allora, come d’incanto, miti remoti e cosmici dolori, l’aia inondata dal sole, | risa argentine tra i profumanti pagliai, tante parole travolte dalla fiumana del tempo, e lui … - spavaldo – che  sorride da una foto.

E’ un intingere la penna nell’ inchiostro rovente di stagioni inabissate nella sinfonia del mare: rinvergina la rievocazione con una metodica di montaggio e rimontaggio che la Cacòpardo permea di vissuto e di letterarietà di linguaggio. Lo strumento comunicativo, il ritmo modulato del verso, lo stile personale moderno e normalizzato sulla nostra migliore tradizione fanno de La via che conduce a te una lettura stimolante per un parterre d’elezione, esigente e in buona frequentazione con un panorama poetico anticonvenzionale ed antiretorico.

Recensione
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