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L’autore del testo, che prendiamo in questa sede,
è nato a Roma, dove svolge attività di psicoterapeuta; non a caso, nei nove
racconti che costituiscono Desiderare altrimenti, ritroviamo una forte
ascendenza psicoanalitica, espressa con una scrittura disorganica e profonda,
visionaria, onirica e alogica. In Lucciole, il racconto che apre la
raccolta, pare che la narrazione proceda per associazioni libere, costituite da
brevi o brevissimi frammenti assemblati, tutti preceduti da parole-chiave, che
hanno la funzione di titolo; per esempio, il primo segmento è denominato Mani;
in Mani ci sono varie frasi apparentemente irrelate tra loro, nelle
quali, tra l’altro, spicca una situazione erotica (che non cade mai nella
pornografia); in questa scena il protagonista sta vivendo un rapporto con una
prostituta; la scena è descritta con una forte dose d’introspezione.
Sono pagine oscure, quelle del Nostro, nelle
quali pare che sia presente un procedere per accensioni e spegnimenti, e
l’autore, nei racconti, produce un percorso di originalissima sperimentazione;
in essi prevale un tono sognante e di sogno ad occhi aperti. Nelle varie trame è
presente, spesso, la tematica erotica e, a volte, una vena di vaghissimo
misticismo. Nella diegesi si respirano atmosfere kafkiane, nella loro forte
inquietudine, e nel loro pervadente surrealismo e le descrizioni sono arcane e
indefinite. La scrittura è costituita da microframmenti, a volte formati solo da
una o da due righe; in essa è presente una forte varietà di registri espressivi
e, spesso, i frammenti sono collegati logicamente tra loro; il susseguirsi dei
periodi è fluido, anche perché le frasi pronunciate dai protagonisti non sono
racchiuse tra virgolette o due punti e la scrittura si svela sulla pagina in
modo intermittente.
La narrazione, nei racconti, è del tutto
visionaria. In Ostaggi si parla di psichiatria e di una richiesta di
liberazione; le frasi sono brevi o brevissime e la prosa è rarefatta e pare di
affondare nella pagina. In questo racconto agiscono uno psichiatra, un giudice e
un commissario e non c’è concretezza nell’affabulazione, non ci sono nitidi e
ben delineati eventi narrativi e tutto pare galleggiare in un’atmosfera
inquietante e onirica. Ostaggi è anche il titolo del fascicolo che il
giudice, ad un certo punto della trama, tiene tra le mani. Nell’arco della
narrazione il commissario penetra nell’ospedale, narcotizza il personale con gas
soporifero e vorrebbe uccidere un paziente, ma viene bloccato da alcuni
infermieri per il suono di un allarme. La scrittura ha un tono purgatoriale e ci
sono ambiguità, vaghezza e ironia.
Al centro della trama c’è la relazione tra
psichiatra e paziente: lo psichiatra dice al paziente di essere ostaggio
di se stesso e così ci si ricollega al motivo conduttore del titolo; il paziente
risponde affermando che lo psichiatra stesso è ostaggio di se stesso e
del mondo, in un apparente capovolgimento dei ruoli. Assistiamo, in Ostaggi
e in molti dei racconti, alla rappresentazione del male e della nevrosi che
si rivelano nelle azioni dei protagonisti nei vari intrecci. Un altro
personaggio è un conducente di autobus, che svolge la sua ultima giornata di
lavoro, prima di andare in pensione; c’è una descrizione della sua famiglia,
della moglie e dei suoi figli.
In ogni parte del libro, dominano delle
micro-fabule, tutte indipendenti tra loro, per cui la scrittura di Baldaccini si
può definire sperimentale ed espressione di una ricerca personalissima. Le
storie del conducente d’autobus e del commissario si intersecano, quando
l’autobus investe il commissario, che muore sul colpo. C’è nei racconti un
compiacersi nella crudeltà e nella violenza e, in questo, trova espressione un
certo minimalismo. In Ostaggi incontriamo anche il tema della scrittura
nella scrittura e, a volte, il testo spiega se stesso e riflette su se stesso.
Il racconto potrebbe essere definito come un collage di periodi, a volte
indipendenti tra loro, e pare di assistere ad una polifonia, ad un intersecarsi
di parti libere, non strutturate, che sembrano avere radici che affondano nel
preconscio. A volte sono a parlare i singoli personaggi, mentre, in altre
occasioni, la narrazione procede in terza persona, attraverso un narratore
onnisciente: i due livelli si alternano e pare che, a volte, l’autore faccia uso
di didascalie.
È un tipo di prosa che, per la sua valenza
introspettiva, potrebbe definirsi psicoanalitica, per il suo scavare nelle
pieghe della mente dei vari personaggi: tutto accade in una forma che svela i
suoi meccanismi di comunicazione. Sono presenti molti livelli narrativi e, nella
linea del discorso, c’è uno spostarsi da un piano a un altro.
Variegati universi, quelli nominati da Baldaccini,
con affabulazioni originalissime nelle forme e nei contenuti, molte delle quali
potrebbero essere argomenti di una seduta psicoanalitica.
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Recensione |
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